Campobello di Mazara, perquisito il magazzino dei Luppino. Il figlio dell’autista del boss: «Credo a mio padre: mai conosciuto Messina Denaro»

La polizia scientifica sta perquisendo le proprietà di Giovanni Luppino, arrestato con il boss mafioso nel giorno in cui lo ha accompagnato in clinica a Palermo, e dei suoi figli con cui vendono all’ingrosso olive da mensa

«Io credo a mio padre» dice Vincenzo Luppino, figlio di Giovanni, davanti al magazzino di via B a Campobello di Mazara, dove non si fermano le ricerche degli inquirenti della procura di Palermo su altri possibili nascondigli usati da Matteo Messina Denaro. Proprio in questa località potrebbe esserci ancora altri bunker e stanze blindate, come quella ritrovata in quello che viene considerato come il secondo covo del boss. La ricerca si serve di georadar, strumento in grado di rilevare eventuali locali nascosti dietro intercapedini o sottoterra. Tra le case sotto la lente degli inquirenti ci sono anche quelle di Antonio Luppino, figlio di Giovanni, l’imprenditore agricolo che aveva fatto da autista al boss il giorno del suo arresto alla clinica La Maddalena di Palermo. Antonio Luppino è stato già sentito dagli inquirenti e non sarebbe al momento indagato. In un’area all’aperto usata come parcheggio e di proprietà della famiglia Luppino era nascosta l’Alfa Romeo Giulietta, l’auto di Messina Denaro che il boss usava per i suoi spostamenti.


La difesa dei Luppino


La polizia scientifica oggi 23 gennaio ha perquisito il magazzino usato dai Luppino per la loro attività. Vincenzo Luppino e sua moglie vivono nell’appartamento accanto: «Mio padre ha già fornito la sua versione durante l’interrogatorio – spiega l’uomo – Io non conosco Matteo Messina Denaro e non l’ho mai incontrato». I Luppino da alcuni anni gestiscono un centro di raccolta e commercializzazione di olive da mensa a Campobello di Mazara, da dove fanno da intermediari con i grossisti napoletani che comprano le partite di olive: «Noi – si difende ancora Vincenzo Luppino, poi raggiunto dal fratello Antonino – siamo una famiglia di lavoratori che si spaccano la schiena ogni giorno a lavorare».

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