La seconda vita di Boris Johnson da “avvocato dell’Ucraina”: «Sunak non pensi a Putin e invii subito i jet a Kiev»

L’ex premier torna alla ribalta con una missione negli Usa: incontri al Campidoglio e linea iper-aggressiva sul sostegno militare a Zelensky

ll giorno in cui diede le dimissioni da premier del Regno Unito, nel luglio scorso, l’ultima telefonata l’aveva fatta al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Sei un eroe, tutti ti amano», gli aveva detto nel commiato Boris Johnson. Quasi un preannuncio di quella che sarebbe stata la sua missione seguente, una volta assorbita la botta dell’allontanamento da Downing Street, forzato dai troppi scandali e malumori accumulatisi nell’opinione pubblica e all’interno del suo stesso partito. Passati oltre sei mesi, e dopo aver visto – pop corn alla mano – cadere politicamente nell’arco di una manciata di settimane un’altra leader conservatrice, Liz Truss, Johnson sta tornando alla ribalta pubblica. E il profilo che ha scelto, sebbene gli obiettivi ultimi non siano al momento chiari, è quello del sostenitore accanito della causa ucraina. Amalgamando nel suo stile tradizionale atlantismo britannico a toni accesi e fuori dai denti: anche contro il suo successore a Downing Street ed ex ministro, Rishi Sunak. «Si dimentichi di Putin e dia all’Ucraina ciò di cui ha bisogno il più in fretta possibile: invii subito i jet» a Kiev, l’ha incalzato il biondo ex sindaco di Londra in un’intervista a Fox News. E ha ricordato con una punta polemica verso il premier britannico, ma anche gli altri governi occidentali (Casa Bianca compresa): «Ogni volta abbiamo detto che sarebbe stato un errore dare all’Ucraina questo o quell’altro armamento, e abbiamo finito per farlo». Solo ieri Sunak, così come lo stesso Biden, aveva frenato sull’invio dei caccia, richiesti da Kiev dopo aver ottenuto decine di carri armati occidentali: «Non è pratico», aveva detto liquidando per il momento la questione.


Missione americana

Johnson si sta dedicando a rinsaldare il suo profilo di sfegatato sostenitore della causa ucraina – abbracciata con trasporto sin dall’inizio dell’invasione russa quasi un anno fa – nel corso di una missione negli Stati Uniti. Ieri l’ex premier di Londra ha avuto una girandola di incontri al Campidoglio, dedicata a rinsaldare i suoi legami con la leadership dei Repubblicani: è stato ricevuto dallo speaker della Camera Kevin McCarthy e dal capo dei senatori conservatori Mitch McConnell. E poi ancora da Rick Scott e Newt Gingrich, Jim Banks e Lindsey Graham. Senza mancare una tappa “analitica” ospite del think-tank CEPA. Fino a chiudere la giornata con due interviste a tu per tu con gli anchormen di Fox e Abc. Un affondo politico-mediatico a tutto tondo. Prima di sbarcare negli Usa, Johnson si era fatto precedere da un op-ed sul Washington Post in cui sosteneva la necessità, anzi l’urgenza, di sostenere concretamente l’Ucraina aprendole le porte della Nato. Johnson verso un ruolo di fatto di “ambasciatore ufficioso” di Kiev dunque? Forse. Ma di certo l’ex premier non ha perso il contatto coi temi che stanno a cuore – per lo meno a suo avviso – ai cittadini britannici sul fronte interno. Ieri, nel giorno dell’anniversario dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, Johnson ha celebrato il “Brexit Day” con un video per i suoi follower: «Basta con le profezie dei gufi, sfruttiamo appieno i benefici della Brexit!», lo sprone dell’ex premier. Che non sembra affatto intenzionato a tenersi lontano dal ring della politica: britannica o internazionale.


Foto di copertina: Twitter / Kevin McCarthy – Boris Johnson ricevuto al Campidoglio dal neo-speaker della Camera – Washington, 31 gennaio 2023.

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