Boris Johnson è ormai fuori da Downing Street, e ne approfitta per levarsi qualche sassolino dalla scarpa. A cominciare da Mario Draghi: in un’intervista a CNN Portogallo, BoJo ha raccontato che poco prima dell’invasione dell’Ucraina il governo italiano sotto la guida dell’ex governatore della Bce avrebbe esitato a schierarsi fermamente con i Paesi alleati della Nato contro Vladimir Putin. La causa risiederebbe nella dipendenza di Roma dal gas russo. Parlando dell’esecutivo italiano, Johnson ha utilizzato queste parole: «A un certo punto stava semplicemente dicendo che non sarebbe stato in grado di sostenere la posizione che stavamo assumendo» nei confronti di Mosca. Ma l’ex premier britannico, che durante il suo mandato è stato tra i più vicini a Volodymyr Zelensky, ne ha per tutti, anche per gli altri Paesi Ue: prima dell’attacco lanciato dalle truppe russe il 24 febbraio, a suo dire, la Francia «negava» la prospettiva di un’invasione dell’Ucraina. La Germania, invece, avrebbe favorito una rapida sconfitta militare di Kiev piuttosto che una lunga guerra. Il punto di vista di Berlino, ha affermato Johnson, era che «in caso di guerra sarebbe stato meglio che tutto finisse rapidamente e che l’Ucraina si piegasse». Un approccio giustificato da «tutti i tipi di valide ragioni economiche».
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