Auto elettriche, boom di vendite in Europa ma l’Italia resta fanalino di coda: ecco perché il mercato non decolla – L’intervista

Sergio Savaresi, esperto del Politecnico di Milano, spiega i motivi dell’anomalia italiana: «Da noi ancora troppa confusione»

Le auto elettriche sono state descritte a lungo come l’inevitabile evoluzione del settore dell’automotive. Lo scorso ottobre, l’Unione Europea ha raggiunto un’intesa per vietare la vendita di auto a benzina e diesel a partire dal 2035. Eppure, in Italia il mercato stenta a decollare. Da ottobre a dicembre 2022, le immatricolazioni di nuove auto elettriche hanno registrato un calo del 34,2% rispetto all’anno precedente. Non solo: i fondi stanziati dal governo per incentivare il passaggio da motore endotermico ad auto elettrica (o ibrida) sono rimasti in buona parte inutilizzati. Allargando lo sguardo all’Unione Europea, però, ci si rende conto che la situazione italiana rappresenta un’anomalia. Nell’ultimo trimestre del 2022, il mercato europeo delle auto elettriche ha segnato complessivamente un +31,6%. A trainare la crescita è soprattutto la Germania con 198mila nuove immatricolazioni (+66,1%). Ma come si spiega la resistenza degli italiani all’auto elettrica? Secondo Sergio Savaresi, professore ordinario di Automazione dei veicoli al Politecnico di Milano, la risposta non è solo di natura economica.


Professore, perché il mercato italiano delle auto elettriche stenta a decollare?


«Si potrebbe riassumere con una sola parola: confusione. Il cliente italiano, così come le case automobilistiche, è disorientato. Da un lato vediamo grandi proclami, come la decisione dell’Unione Europea di vietare la vendita di auto a motore endotermico a partire dal 2035. Dall’altro, però, i costi dell’elettricità aumentano, l’infrastruttura non è ancora capillare e si moltiplicano le voci che criticano la vera sostenibilità di questa virata verso l’elettrico».

Come incide tutto questo sulle decisioni d’acquisto degli italiani?

«Oggi chi valuta di comprare un’auto elettrica ragiona secondo tre criteri: il prezzo di listino del veicolo, il costo dell’elettricità e la disponibilità di colonnine di ricarica. Ogni ragionamento di breve periodo non può che basarsi su questi tre elementi. Purtroppo oggi il costo dell’elettricità al kilowattora è andato alle stelle e le stazioni di ricarica non sono diffuse come in altri Paesi».

E sul lungo periodo?

«Sono subentrati motivi di incertezza generale. Se davvero i cittadini percepissero la svolta verso l’elettrico come inevitabile, tanti si convincerebbero ad abbandonare le loro vecchie auto a benzina. Invece oggi molti restano in attesa di capire cosa succederà e, nel frattempo, continuano a scegliere soluzioni percepite come più “sicure”, come le auto a benzina o ibride. Il risultato è che le auto elettriche restano ancora appannaggio dei cosiddetti “clienti premium”, che possono permettersi modelli più costosi e spesso possono ricaricare l’auto direttamente a casa».

Chi guida un’auto elettrica è anche costretto a districarsi tra i diversi operatori che gestiscono le colonnine di ricarica.

«È sicuramente un altro elemento di confusione. In Italia ci sono tanti gestori che mantengono separate le prenotazioni ai servizi di ricarica. Di conseguenza, non tutti possono accedere alle colonnine che hanno vicino a casa. Se si creasse una piattaforma unica, sicuramente ci sarebbe un problema in meno a cui pensare. Tecnicamente non credo che sia difficile da realizzare».

Il prezzo dell’elettricità è aumentato ovunque in Europa. Perché in Germania c’è stato un boom nella vendita di auto elettriche?

«La Germania, a differenza dell’Italia, ha fatto una campagna massiccia per incentivare le auto elettriche e ha investito per creare una rete capillare di colonnine pubbliche di ricarica. Non solo: le case automobilistiche tedesche hanno sostenuto con forza questa transizione, contribuendo a orientare l’opinione pubblica».

E in Italia invece?

«La nostra industria, a partire dalla Motor Valley, non spinge con altrettanta forza sulle auto elettriche. Il gruppo Stellantis, per esempio, sta sì investendo sull’elettrificazione ma resta critico sulla rapidità con cui l’Europa sta promuovendo questo passaggio».

Come giudica la decisione dell’Ue di vietare la vendita di auto a benzina e diesel dal 2035?

«Penso che non sia la strategia migliore, perché l’auto elettrica non si presta alla proprietà privata. In Italia abbiamo milioni di auto poco usate e ci stiamo preparando a comprare batterie enormi che durano 500 chilometri e non useremo mai. Credo che il mercato delle auto elettriche decollerà solo a partire dal 2030, con l’arrivo delle auto in sharing a guida autonoma. In questo modo le auto in circolazione diminuirebbero, farebbero più chilometri e potrebbero essere ricaricate in modo più efficiente e organizzato». 

Foto di copertina: ANSA / DANIEL DAL ZENNARO

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