Padova, la studentessa del discorso in aula magna: «Umiliati agli esami, schiacciati dalle famiglie. Non si può morire di università» – Il video

«Sta aumentando sempre più la percezione che se non si è tra i migliori non si avrà una vita decente», ha spiegato Emma Ruzzon al Corriere della Sera

Un discorso che ha risuonato forte nell’aula magna dell’Università di Padova, pronunciato in memoria di chi è arrivato a compiere anche gesti estremi, schiacciato dalle aspettative sociali di una carriera scolastica necessariamente rapida e brillante, senza alternative di replica. La studentessa Emma Ruzzon, presidente del Consiglio degli studenti e membro dell’associazione Studenti per Udu, dal pulpito della sua università ha pronunciato parole che ora, intervistata dal Corriere della Sera, ribadisce con forza, in difesa di un diritto all’istruzione che sembra ormai essere diventato «un dovere di performance». Sulla eco conquistata dal suo discorso la giovane si mostra contenta: «Vuol dire che abbiamo colto nel segno. La corona d’alloro deve essere vista come il simbolo del completamento di un percorso personale, di liberazione attraverso il sapere e non di eccellenza e competizione sfrenata», spiega, riferendosi allo stesso oggetto che durante il discorso in aula magna ha deciso di appendere al leggio in ricordo di tutti gli studenti che negli ultimi anni hanno deciso di togliersi la vita. «Per questo le abbiamo abbinato un fiocco verde, simbolo del benessere psicologico: la dedichiamo a chi non potrà indossarla e a chi è stato o sta ancora male all’idea di laurearsi».


«Non si può morire di università»

Nelle parole di Ruzzon, anche lo scoraggiamento per ritrovarsi sempre più spesso a piangere i propri coetanei, schiacciati dal peso di aspettative senza senso. «Non si può morire di università: troppi studenti sono stati vittime della pressione e della narrazione tossica di un’università in cui è esaltata la retorica di un’eccellenza irraggiungibile, di uno standard surreale». La critica è al racconto di studenti fenomeno, carriere brillanti in pochissimo tempo. Modelli, secondo la studentessa, tutt’altro che ispirazionali. «Sta aumentando sempre più la sensazione e la percezione che se non si è tra i migliori non si avrà una vita decente, e questo non ci può far stare tranquilli. Senza considerare che facciamo parte di una generazione cresciuta con la crisi economica e con il Covid e che ha paura del futuro, perché saremo la prima ad avere una condizione peggiore di quella che ci ha preceduto: un aiuto è necessario», spiega ancora la giovane.


«Studenti demotivati, soli e angosciati. Famiglie, scuola e politica i responsabili»

Il problema della salute mentale tra le nuove generazioni, soprattutto dopo l’emergenza sanitaria, non può essere sottovalutato quando si parla di scuola: «Tornare a vivere l’università in presenza è stato bellissimo», spiega Ruzzon, «ma moltissimi ragazzi ancora si portano dietro uno stato di ansia sociale difficile da cacciare: c’è chi fa davvero fatica a stare in mezzo ad altre persone o a interagire». La studentessa racconta come lo scorso anno con l’Unione degli Universitari sia stato realizzato uno studio insieme alla Rete degli Studenti Medi e al Sindacato pensionati su un campione di 30mila studenti, provando a chiedere come avevano vissuto il periodo pandemico. «Più della metà di loro si sentivano demotivati, soli e angosciati. Aggiungeteci poi la pressione…». Una pressione di cui, secondo Ruzzon, sarebbero responsabili diverse parti della società: «Arriva dalle nostre famiglie, ad esempio, ma solo perché forse i nostri genitori hanno paura per noi avendo vissuto importanti periodi di crisi e quindi sperano in un futuro migliore per noi. Ci sono poi le pressioni che arrivano dalla società, ma anche quelle di una classe politica che vediamo poco dalla parte della nostra generazione». Non ultime le aspettative spesso schiaccianti dei professori: «La classe docente deve capire che siamo persone, non un semplice numero di matricola, tanto che le umiliazioni durante gli esami sono all’ordine del giorno. Serve un cambio di passo culturale». 

«Mettere in discussione al più presto il sistema merito-centrico»

L’attacco diretto è poi nei confronti della politica e delle risorse messe in campo per rendere quello all’istruzione un diritto egualitario e accessibile. «Qui a Padova abbiamo e stiamo attraversando momenti davvero tosti tra l’emergenza abitativa e la mancata assegnazione di 2.426 borse di studio ad altrettante matricole aventi diritto», racconta ancora Ruzzon. «Continuiamo a ricevere messaggi di studenti disperati perché non sanno come sostenersi economicamente: come si può aver fiducia negli atenei, nelle Regioni e nello Stato se non ci viene garantito un diritto costituzionale come quello dello studio? E poi ci vengono a parlare di meritocrazia». Uno scenario diffuso in tutta Italia che secondo la presidente del Consiglio degli studenti starebbe portano al limite una generazione che soffre troppo spesso in silenzio perché non ascoltata. «Se abbiamo parlato dei numerosi suicidi che purtroppo ci sono stati e continuano a esserci è perché molte delle carenze altrui ricadono sulle nostre spalle. Sentiamo il peso di aspettative asfissianti che non tengono in considerazione il bisogno umano di procedere con i propri tempi, e ciò non è ammissibile».

Poi l’appello ancora alla politica: «Le forze politiche devono attivarsi per rispondere a questa emergenza, ma serve il coraggio di mettere in discussione l’intero sistema merito-centrico e competitivo». Tra le lacune più grandi quella di un servizio di supporto psicologico, «ancora troppo in fase embrionale, se si pensa che non tutte le università posseggono uno sportello di assistenza e ascolto, e anche dove è presente è sotto-finanziato e di conseguenza mal funzionante, con attese di mesi per un colloquio quando invece le nostre emergenze non hanno tutto quel tempo». A questo proposito la studentessa lei rivolge direttamente ai suoi colleghi studenti: «Anche se ci raccontano solo il contrario, ricordiamoci che non è una sessione o la nostra media a definire chi siamo, e ricordiamoci che è legittimo chiedere aiuto e pretendere che ci siano delle strutture adeguate a darcelo». Poi il sogno dell’università del futuro: «Deve essere accessibile. E capace di comprendere le nostre esigenze e i nostri problemi, per evitare altre tragedie».

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