L’accusa del Fatto al marito della ministra del Lavoro Calderone: «Ha creato una Srl per licenziare più facilmente»

Una srl con il nome della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro. Dipendenti assunti e poi spostati. E infine cacciati. La causa davanti al tribunale del lavoro di Roma

L’attuale ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone è stata presidente dal 2005 del Consiglio nazionale dei Consulenti del Lavoro. Il consiglio ha anche una “Fondazione Studi” costituita dal 2001. Suo marito Rosario De Luca ne è presidente. Ma nel 2018 ha creato la “Fondazione Studi consulenti del lavoro srl”. Ovvero una società commerciale a responsabilità limitata che ha tra l’altro guidato fino allo scorso novembre. La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro è socia unica della società a responsabilità limitata che porta il suo stesso nome. E questo, secondo alcuni ex dipendenti che ne hanno parlato con il Fatto Quotidiano, ha permesso a lui di usare un trucco per licenziare. Con lo sdoppiamento infatti nessuna delle due entità ha più di 15 dipendenti in organico. E così liberarsi dei lavoratori è più facile e meno oneroso.


Chi è Rosario De Luca

Rosario De Luca è il marito di Calderone. Insieme hanno uno studio di consulenza sul lavoro con sedi a Roma, Cagliari e Reggio Calabria. Nato il 24 agosto 1957 a Gioia Tauro (Calabria), è laureato in giurisprudenza. Avvocato dal 1985, è anche giornalista e revisore contabile. I due hanno fondato insieme la Calderone&De Luca STP S.r.l. È stato anche componente della Giunta Esecutiva Nazionale Ancl e presidente del Consiglio Regionale Ancl Calabria. La vicenda di cui parlano oggi Franz Baraggino e Thomas Mackinson è al centro di una causa al Tribunale del Lavoro di Roma. «Il frazionamento fittizio delle aziende non è una novità», spiega al quotidiano il giuslavorista Vincenzo Martino. «Si tratta di un modo di eludere le regole sui licenziamenti troppo spesso consigliato dagli stessi consulenti del lavoro, di cui l’attuale ministra è stata il massimo esponente».


Come funziona lo sdoppiamento

L’associazione di una Srl a una Fondazione è una pratica comune. Che va però tenuta sotto osservazione quando i dipendenti lavorano per entrambe. E se entrambe vengono mantenute al di sotto dei 15 dipendenti. In questo modo, spiega Il Fatto, licenziare è più facile e meno oneroso. Si tratta di un frazionamento fittizio, spiegano gli esperti, ed è un modo per eludere le regole sui licenziamenti. Si elude così anche il diritto dei lavoratori alla rappresentanza sindacale. Che scatta oltre la soglia dei 15 dipendenti così come l’obbligo di assumere persone con disabilità. In tribunale sono arrivati i rendiconti pubblicati sul sito del Consiglio.

I dipendenti

I nomi dei dipendenti figurano in un unico elenco che ne conta 26 per il 2019 e 25 per il 2020. Una dipendente racconta che «ad alcuni è stato chiesto di dimettersi dalla Fondazione Studi per essere poi riassunti dalla Srl. Allo scopo di tenere l’organico entro i 15 dipendenti, non vedo altre ragioni». La dipendente spiega che «per chi accettava il passaggio, a parte quell’Srl sulla busta paga, rimaneva tutto come prima. Stessa scrivania, identiche mansioni, come non fosse mai accaduto». La sede si trova «nel palazzo dell’ente di previdenza dell’Ordine, l’Enpacl, dove ci sono sia gli uffici del Consiglio Nazionale al primo piano sia gli uffici della Fondazione Studi e della Srl distribuiti al piano terra al terzo. Ma se altrove ci sono porte e corridoi, gli ambienti delle due fondazioni sono totalmente promiscui. Nello stesso reparto, il collega alla tua destra è assunto nella Srl, mentre quello a sinistra dalla Fondazione».

La divisione

Perché, aggiunge, «non c’è una divisione logica per cui, ad esempio, tutta l’amministrazione sta nella fondazione o la produzione video nella Srl». Tra i lavoratori c’è anche chi ha deciso di andarsene. Per mollare «un ambiente tossico». Dove «i diritti dei lavoratori sono sempre in secondo piano». Nel 2021 sono stati licenziati una lavoratrice della Srl e un lavoratore della Fondazione Studi. Che ha fatto ricorso portando il datore di lavoro a conciliare. Ma un terzo è ancora in causa. Ritiene il suo licenziamento illegittimo. Perché si fonda su una dimensione dell’organico che non corrisponde al vero.

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