Deportazioni e torture, gli Usa confermano: «Mosca ha commesso crimini contro l’umanità». Blinken: «Morti 200mila soldati russi in un anno»

La vicepresidente Kamala Harris e il segretario di Stato annunciano a Monaco l’esito delle indagini Usa: «un attacco sistematico del Cremlino contro la popolazione civile ucraina»

Non c’è più alcun dubbio. Nel corso della guerra in Ucraina, lanciata da Vladimir Putin quasi un anno fa, le forze russe hanno commesso crimini contro l’umanità. Lo hanno stabilito a seguito di verifiche approfondite gli Usa. È quanto ha annunciato oggi alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco la vicepresidente Usa Kamala Harris. «A coloro i quali hanno perpetrato questi crimini e ai loro superiori che ne sono resi complici io dico: sarete chiamati a risponderne». L’annuncio di Harris è stato confermato anche dal segretario di Stato Antony Blinken, anche lui presenta alla Conferenza di Monaco, che ha precisato che Washington è giunta a questa conclusione «sulla base di un’attenta analisi delle leggi e dei fatti disponibili». Tra i crimini commessi dalle forze di Mosca, gli Usa hanno accertato in particolare «esecuzione di uomini, donne e bambini ucraini; tortura di civili detenuti, stupri e deportazioni in Russia di centinaia di migliaia di ucraini, compresi bambini separati con la forza dalle loro famiglie». Atti compiuti non casualmente o in modo improvvisato, ha insistito Blinken, ma come parte di «un attacco sistematico del Cremlino contro la popolazione civile ucraina». Il segretario di Stato Usa ha anche tracciato il bilancio dell’impatto della tragedia della guerra sulle stesse forze di Mosca. «Dalle nostre valutazioni risulta che almeno 200.000 soldati russi sono morti in Ucraina», ha detto Blinken, mentre «quasi un milione di russi ha lasciato il Paese dall’inizio dell’invasione: questo è quello che Putin ha fatto alla Russia».


Kiev insiste per ottenere anche aerei da guerra

Il giorno dopo l’intervento del presidente ucraino Volodymr Zelensky, alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco torna a risuonare la voce dell’Ucraina, portato oggi dal ministro degli Esteri Dmytro Kuleba. E il messaggio non cambia: agli alleati occidentali Kiev chiede sostegno compatto e convinto, politico e militare, per contenere la temuta nuova offensiva russa e sconfiggere sul campo le forze di Mosca. «Possiamo vincere già entro quest’anno», aveva esortato ieri Zelensky. Gli ha fatto eco oggi Kuleba: «Noi stiamo combattendo sul terreno ma vogliamo anche la pace. Non una pace a tutti i costi però. Non a spese degli ucraini». Tradotto: come ha riconosciuto ieri lo stesso presidente francese Emmanuel Macron, questo non è il tempo del dialogo, ma quello delle armi. Quali? Tutte, compresi i caccia su cui ora i governi occidentali oppongono resistenza, ha ribadito a Monaco Kuleba. «L’Ucraina riceverà gli aerei. È solo questione di tempo», ha assicurato il ministro degli Esteri di Kiev.


L’Ue promette sostegno militare raddoppiato

«Quello che dobbiamo fare è chiarire che noi non accetteremo mai una guerra imperialista, non accetteremo che il presidente Putin calpesti il diritto internazionale con i piedi»: queste le parole con cui la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen ha esordito alla Conferenza sulla Sicurezza che ha radunato da ieri i leader mondiali a Monaco. Ha poi rincarato la dose, aggiungendo senza mezzi termini: «Dobbiamo fare pressione per fare in modo che le mire imperialistiche della Russia falliscano e che l’Ucraina vinca». E dunque: «Dobbiamo fare in modo che l’Ucraina possa avere munizioni standard. Non può essere che si debbano aspettare mesi e anni per inviare obici. Possiamo raggruppare l’industria militare europea e cercare di capire cosa serve». A detta di von der Leyen, è necessario raddoppiare il sostegno militare degli alleati all’Ucraina, così che «i piani di Putin falliscano completamente».

Il sostegno della Nato

Anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha ribadito la necessità di aumentare il sostegno a Kiev: «Putin non sta pianificando la pace, ma nuove offensive. E non ci sono segnali che lui abbia cambiato le sue ambizioni. Cerca contatti con altri regimi autoritari come Iran e Corea del Norea. Dobbiamo fornire all’Ucraina quello che le serve per vincere». Ha poi espresso l’urgenza dell’ingresso di Svezia e Finlandia nell’alleanza atlantica: i due Paesi «sono pronti per la ratifica, io spingo perché adesso questa si chiuda. Devono entrare il prima possibile nell’Alleanza. Il più velocemente possibile. E io lavoro perché entro Vilnius (dove si terrà la prossima riunione dei capi di Stato e di governo della Nato l’11 e 12 luglio, ndr) siano membri della Nato».

La posizione cinese

Al summit è intervenuto anche il ministro degli esteri cinese Wang Yi, che ha subito messo in chiaro: «Sulla questione della Ucraina noi saremo dalla parte del dialogo e della pace». «Tutti i Paesi devono attenersi al principio della sovranità e della integrità territoriale. E non deve esserci in questo una doppia morale», ha aggiunto, citando anche il caso di Taiwan (che a suo dire «non è mai stato uno Stato autonomo e non lo sarà neanche in futuro») e dicendosi contrario ai separatismi. Ha continuato sottolineando che «non ci devono essere guerre nucleari, e non sarebbero vinte»: «Va evitata una catastrofe nucleare. Perciò ci dobbiamo impegnare insieme contro uso di armi chimiche e biologiche».

Leggi anche: