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L’ex M5s Giovanni Favia rischia il processo per un post durante il lockdown: «Così ha provocato gli insulti ai vigili»

20 Febbraio 2023 - 17:23 Redazione
Multato per aver violato le regole del lockdown durante la pandemia nel 2020, l'ex consigliere regionale è accusato di aver aizzato i suoi follower a insultare gli agenti della polizia municipale

Aveva pubblicato un post su Facebook in cui si lamentava di una multa ricevuta durante il primo lockdown nel suo locale “A Balus” di via del Borgo di San Pietro, a Bologna, per non avere indossato la mascherina. L’ex consigliere del Movimento 5 Stelle, il ristoratore Giovanni Favia, rischia ora il processo per diffamazione per aver postato la foto del verbale e dei due vigili intervenuti, presi di mira da una serie di commenti e insulti da parte degli utenti. Lo ha deciso il Gip del tribunale di Bologna Roberta Malavasi che ha disposto per Favia l’imputazione coatta, rigettando la richiesta di archiviazione della Procura. La vicenda risale al 7 maggio del 2020, mentre la querela da parte dei due agenti della municipale assistiti dall’avvocato Fabio Chiarini, del 2 agosto dello stesso anno. Secondo la querela, scrive Ansa, pubblicando l’immagine della multa, nonché i nomi e la foto dei due agenti, Favia li avrebbe esposti «al pubblico ludibrio». Per il Gip, la scriminante del diritto sussiste per il post, ma non per i commenti «ai quali l’indagato non può ritenersi estraneo in quanto titolare e amministratore della pagina». L’ex consigliere del M5s, scrive il Gip, «era consapevole non solo per averli lui stesso provocati, ma perché è intervenuto nel dibattito per chiedere ai suoi sostenitori di diffondere il più possibile la notizia dell’ingiustizia subita, senza minimamente censurare le gratuite e strabordanti manifestazioni di disprezzo nei confronti degli agenti». Il giudice assimila infatti il titolare di un profilo Facebook al blogger che «risponde del delitto di diffamazione per gli scritti pubblicati sul proprio sito da terzi quando, non venutone a conoscenza, non provveda alla loro rimozione». Ora la Procura dovrà formulare l’imputazione per diffamazione aggravata.

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