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Giorgio Gori ricorda Maurizio Costanzo: «Un vero amico, quando entrai in politica mi disse che ero matto» – L’intervista

24 Febbraio 2023 - 17:38 Sara Menafra
Negli anni a Mediaset l'attuale sindaco di Bergamo aveva instaurato un rapporto di amicizia con il conduttore tv scomparso a 84 anni

Direttore di Canale 5 prima di fondare Magnolia e quindi entrare in politica e divenire sindaco di Bergamo, Giorgio Gori è stato tra i primi a commentare la morte di Maurizio Costanzo. «La scomparsa di Maurizio Costanzo mi addolora molto. Siamo stati amici, colleghi, e con me è sempre stato prodigo di consigli competenti e affettuosi. Un abbraccio a Maria e ai suoi figli», ha scritto.

Come è nata la vostra amicizia?
«Ci siamo conosciuti quando entrambi siamo transitati da Rete4 a Canale5. Lui era già una star, io ero un redattore che si occupava di telefilm. Di lì io sono diventato prima il vice di Roberto Giovaldi e poi ho preso il suo posto come responsabile del palinsesto delle tre reti. Ho cominciato a frequentarlo dall’89, e andavo spessissimo a Roma, praticamente tutte le settimane, e tutte le volte passavo almeno mezz’ora da lui a parlare di tutto, lavoro e non solo».

Era nata una simpatia?
«Molto. Tant’è che poi quando ho conosciuto mia moglie e ho deciso di sposarla lui è stato il mio testimone di nozze. Finché sono rimasto a Mediaset, cioè nel 2001, il rapporto è rimasto stretto. Poi un po’ meno, soprattutto quando mi sono messo a fare il sindaco. Però l’anno scorso ci siamo visti e durante il Covid-19 mi è stato particolarmente vicino e mi ha invitato ad una puntata del Maurizio Costanzo Show».

Cosa le ha detto quando è entrato in politica?
«(Ride ndr) Mi ha detto che ero matto, ma la nostra amicizia non è cambiata. Mi dispiace moltissimo, penso che abbia avuto una bella vita. Sono contento che abbia potuto lavorare fino all’ultimo in piena lucidità, come spesso capita a persone che continuano a lavorare così a lungo. Ho conosciuto anche altri della sua generazione, come Mike Buongiorno, Corrado o Raimondo Vianello e si somigliavano un po’ in questo: nel non riuscire a immaginarsi a casa a non fare più quel mestiere, al tempo stesso mantenendo la lucidità».

Qual è il miglior consiglio che le ha dato Costanzo?
«Non saprei, parlavamo di tutto. Ricordo quel passaggio complicato tra l’estate del ’93 e il ’94, quando il nostro editore (Silvio Berlusconi, ndr) si mise in testa di fondare un partito e si aspettava che tutti ci adoperassimo perché questo partito vincesse le elezioni. Io, Costanzo ed Enrico Mentana (allora direttore del Tg5, ndr) su piani diversi cercammo, spalleggiandoci l’un l’altro, di tenere la rete su un terreno non di propaganda. Non fu facile ma avere loro accanto mi aiutò molto, erano dei bei «scudi».

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