Lo sciopero dei doppiatori italiani ferma i film stranieri: «Stipendi fermi dal 2008 e ritmi di lavoro insostenibili»

La denuncia di un lavoratore: «Per correre da uno studio all’altro sono arrivato a fare anche 170 chilometri in auto in un giorno»

I doppiatori italiani incrociano le braccia. I professionisti del settore del doppiaggio di film stranieri hanno iniziato uno sciopero lungo una settimana, dal 21 al 28 febbraio. E, nel caso non dovessero ricevere risposte soddisfacenti dai propri datori di lavoro, sono pronti ad allungare la protesta di un’altra settimana. I motivi che hanno spinto i doppiatori a indire uno sciopero sono diversi. Il primo, comune a tante altre categorie di lavoratori, è la richiesta di rinnovo del contratto collettivo, fermo al 2008. «Non abbiamo neanche uno straccio di adeguamento Istat», denuncia oggi sulle pagine di Repubblica Alessio Cigliano, direttore di doppiaggio. Una situazione che, spiegano i lavoratori, ha portato a una stagnazione degli stipendi, rimasti invariati da circa 15 anni. Le retribuzioni, però, non sono l’unica rivendicazione dello sciopero. Tra le richieste dei doppiatori italiani, infatti, c’è il riconoscimento della propria professionalità. Un problema che, spiega Cigliano, «le major conoscono benissimo», dal momento che esistono sondaggi dai quali risulterebbe che «l’85% degli spettatori italiani preferisce il doppiaggio alla versione originale sottotitolata».


I motivi dello sciopero

Da quando è iniziata l’agitazione, i doppiatori italiani che hanno aderito allo sciopero hanno organizzato alcune riunioni su Zoom, ogni giorno dalle 15 alle 17, per discutere delle loro rivendicazioni e delle ragioni che li hanno spinti a scioperare. Tra i problemi più sentiti dalla categoria ci sono anche i ritmi di lavoro, che – spiegano alcuni doppiatori – sono diventati sempre più insostenibili a causa del moltiplicarsi delle produzioni audiovisive. «Per correre da uno studio all’altro mi capita di percorrere la tangenziale di Roma anche quattro volte al giorno. Una volta li ho misurati: 170 chilometri, tutti all’interno di Roma», racconta Cigliano a Repubblica. «Dagli stuntmen agli operatori delle troupe, ci sono contratti scaduti in media da 20 anni – aggiunge Sabina Di Marco, segretaria nazionale Slc Cgil -. Per non parlare di categorie come quella degli attori del cinema e della televisione che, a differenza di chi lavora in teatro, non hanno mai avuto alcun contratto».


Foto di copertina: UNSPLASH/JONATHAN VELASQUEZ

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