International Women’s Day, dall’Iran all’Ucraina: dove lottano le donne – La gallery

«In Ucraina molte donne partoriscono nei rifugi a causa dei bombardamenti russi alle infrastrutture», Violetta Liyca (dottoressa di Bucha)

In questi dodici mesi di invasione russa in Ucraina c’è chi ha perso tanto, forse tutto. Mentre noi imparavamo a memoria i nomi delle città ucraine e la loro esatta posizione sulle cartine geografiche, l’esercito russo lanciava missili e raid aerei su edifici, scuole, teatri e bombardava ospedali e strutture mediche, rendendo l’assistenza sanitaria, i servizi di salute sessuale e riproduttiva, materna e neonatale, nonché l’accesso ai prodotti per le mestruazioni e quello ai contraccettivi di emergenza e non solo, fuori dalla portata di molte cittadine. Con l’aumento degli stupri di guerra, violenza di genere e i rischi di tratta, fino alla perdita di sussistenza medica e alla crescita dei livelli di povertà, le donne ucraine hanno dovuto far fronte a pericoli costanti, sia fisici che psicologici, messi – per certi versi – in secondo piano dai danni infrastrutturali. «Penso che sia difficile comprendere che cosa sia la guerra, la distruzione delle infrastrutture, gli attacchi continui, il costante bombardamento dei russi che colpiscono gli ospedali dove nascono i nostri figli e le abitazioni di persone pacifiche», racconta a Open la dottoressa Liyka, della città di Bucha. «Avete visto cosa è successo a Mariupol, dove i militari russi hanno bombardato l’ospedale dove erano ospitate le donne prossime al parto – spiega-. Durante il corso dell’ultimo anno, in molte hanno partorito nei garage e nel sottosuolo, luoghi per niente adatti vivendo un momento tragico e doloroso».

Gli attacchi alle strutture ospedaliere, ma anche a strade e impianti energetici hanno causato blackout diffusi e interrotto i servizi sanitari di base in Ucraina, costringendo le strutture a limitare la loro effettiva operatività. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione sono circa 195.000 i bambini nati in Ucraina nel 2022, nel caos dell’invasione russa. «Molte donne in gravidanza non sono riuscite a farsi visitare da specialisti, per diversi motivi dovuti ai continui bombardamenti russi. Finché non si osserva con i propri occhi, finché non si vivono queste situazioni in maniera diretta, è difficile immaginare che possano accadere cose del genere e come possa un Paese vicino attaccarti con tutta questa crudeltà», afferma Liyca. Tuttavia, le donne e le ragazze ucraine stanno affrontando ulteriori sfide nell’accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva, in particolare in alcuni paesi come la Polonia, destinazione per molti profughi che scappano dalla guerra russa, le cui leggi conservatrici, però, limitano l’accesso ai servizi di interruzione di gravidanza.

EPA/MYKOLA TYS | Manifestazione a favore delle donne ucraine a Leopoli

«Tale sfollamento di massa ha aumentato, inoltre, anche il rischio di violenza sessuale, lo sfruttamento e l’abuso» anche (e soprattutto) da parte dei soldati russi presenti sul territorio ucraino. «Penso che ognuno di voi abbia sentito parlare della nostra città (Bucha, ndr) e di cosa sia successo a causa delle truppe russe, quanti crimini di guerra e quante violenze sessuali hanno commesso», racconta la dottoressa Liyca. Secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, stilato a fine ottobre 2022, le truppe di Mosca hanno commesso molteplici crimini di guerra, tra cui «esecuzioni sommarie, torture, stupri e altri atti di violenza sessuale contro i civili ucraini». Per rispondere a questa emergenza gli ospedali – sostenuti anche (e soprattutto) da enti internazionali e società civile – stanno cercando di fornire il più rapidamente possibile la contraccezione di emergenza per evitare (almeno in parte) alle donne violentate il trauma di una gravidanza indesiderata. «Ci sono problemi nel reperire delle medicine, ma anche per ottenere delle normali visite», spiega. «Se parliamo in modo generico della mancanza di medicinali in Ucraina, ci sono anche molti feriti che arrivano in ospedale con batteri resistenti ai farmaci e abbiamo bisogno di antibiotici migliori che però hanno un prezzo elevato. Il nostro Paese non riesce a coprire sempre le spese. Ma è tra di noi, la gente comune in Ucraina, che spesso raccogliamo soldi per comprare questi antibiotici per gli ospedali», conclude la dottoressa.

Eppure la guerra e la violenza hanno esacerbato anche le disuguaglianze strutturali e le discriminazioni di ogni genere già presenti all’interno della società ucraina, anche prima del conflitto. Il rapporto di UN Women and CARE International ha sottolineato come sia necessario «un approccio intersezionale alla crisi» che affronti i rischi aggravati per le comunità emarginate: lesbiche, gay, bisessuali, transgender, Rom, persone con disabilità e persone che vivono con malattie croniche che affrontano enormi difficoltà e hanno esigenze particolari per quanto riguarda la loro salute e sicurezza. «È necessario che le risposte umanitarie siano risposte di genere e affrontare i bisogni particolari delle comunità emarginate», era l’appello di Winnie Byanyima, direttore esecutivo di UNAIDS, il Programma delle Nazioni Unite per l’HIV e l’AIDS. «Il coraggio e l’impegno delle donne leader che continuano a servire le loro comunità, anche di fronte alla guerra, in Ucraina e in tutto il mondo è un’ispirazione».

E in questo contesto l’Europa potrebbe fare di più? «Cerco di fare un esempio. Sono una dottoressa ucraina – spiega Liyca – però posso svolgere subito la mia attività una volta che vado all’estero? Non credo proprio, ma che lavoro mi potrebbero offrire? La badante? La donna di servizio? Rispetto chi svolge questi lavori, però ho studiato per 10 anni per diventare medico e ho tanti anni di esperienza alle mie spalle». E poi «Io penso che l’Europa, e tutti gli altri Paesi, cerchino di aiutare molto, ma non comprendono tutto quello che sta accadendo. Laddove non c’è una guerra, dove non c’è un Paese vicino che ti attacca e ti stermina, si fa fatica a comprendere quanto stia accadendo. In tanti pensavano che Ucraina e Russia fossero uno stesso Paese, senza differenze, ma è da tanto tempo che siamo due popoli differenti, con culture differenti, con due lingue differenti», conclude.