International Women’s Day, dall’Iran all’Ucraina: dove lottano le donne – La gallery

«La mutilazione genitale femminile in Africa è un problema legato anche al patriarcato», Vania Kibui (Amref)

Un pratica inumana, lesiva dei diritti delle donne. La mutilazione genitale femminile è un problema di salute, di benessere sessuale e mentale e di marginalità sociale. Si tratta di una pratica subìta da circa 200 milioni di donne e bambine nel mondo secondo l’Unicef: di queste, oltre 40 milioni sono minori di 14 anni. L’incisione o l’asportazione parziale, ma anche totale dei genitali esterni femminili, per motivi non medici, viene (ancora) praticata principalmente in circa 30 paesi dell’Africa e del Medio Oriente, ma anche in alcuni Paesi dell’Asia e dell’America Latina e tra le comunità provenienti da queste regioni. «Non si tratta solo dell’incisione, ma è anche la manipolazione degli organi genitali per numerose ragioni, molte delle quali sono culturali, riguarda anche il patriarcato che nega la posizione che pensiamo le donne debbano avere nelle nostre comunità», dice a Open l’attivista Vania Kibui, Regional Policy Advocacy and Capacity Strengthening Specialist di Amref Health Africa. Si tratta di una prassi subita da circa 200 milioni di donne e bambine nel mondo secondo l’Unicef: di queste, oltre 40 milioni sono minori di 14 anni.

L’incisione o l’asportazione parziale, ma anche totale dei genitali esterni femminili, per motivi non medici, viene (ancora) praticata principalmente in circa 30 paesi dell’Africa, in particolare in paesi quali la Somalia, Eritrea, Sudan, Egitto, Guinea, Sierra Leone, Mali e Gibuti; ma anche in Medio Oriente, in alcuni Paesi dell’Asia e dell’America Latina e tra le comunità provenienti da queste regioni. Nemmeno l’Europa è immune da questa violenza: si stima, infatti, che circa 600mila donne che vivono nel Vecchio Continente siano state vittime di questa pratica, e che altre 180mila siano a rischio in 13 paesi europei. In origine, come scrive Amref, la più grande organizzazione che offre supporto alle popolazioni africane, la mutilazione genitale femminile era solo uno dei numerosi cerimoniali ai quali era soggetto ogni membro della comunità, per marcare il passaggio dall’età infantile all’età adulta. E ancora oggi le ragioni che spongono le famiglie a sottoporre le bambine a questa “pratica di passaggio” sono legate alla falsa credenza che la procedura «apporti benefici igienici ed estetici, promuova la fertilità delle ragazze» e preservi la loro reputazione. «Dobbiamo capire – spiega Kibui – che si tratta di una violazione dei diritti di donne e ragazze. Se risolviamo i bisogni socioculturali come l’accesso ad acqua, medicine e cure mediche, possiamo innescare un meccanismo per l’uguaglianza e per uscire dalla povertà e così le ragazze non verranno più viste come oggetti».

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