Colombia, verso la svolta storica a sinistra. La femminista e attivista Francia Márquez punta alla vicepresidenza

Il Paese sudamericano alle urne dopo una stagione di proteste contro le politiche del governo di destra. Petro e Márquez favoriti nei sondaggi

Domani, 29 maggio, quasi 40 milioni di colombiani saranno chiamati alle urne per eleggere il prossimo presidente della Colombia, successore dell’uscente di destra Iván Duque. Sono sei i candidati che si contendono la nomina a capo del Paese per i prossimi quattro anni: il leader della destra di Equipo por Colombia, Federico Gutiérrez, l’outsider indipendente Rodolfo Hernández, il centrista Sergio Fajardo, Enrique Gómez Martínez, il predicatore evangelico John Milton Rodríguez e il senatore di sinistra Gustavo Petro, favorito dai sondaggi. Le elezioni si svolgono in un clima generale teso e sono sentite come l’occasione per imprimere al Paese una vera svolta a livello sociale ed economico. Se Petro dovesse vincere, per la prima volta nella sua storia la Colombia avrebbe un presidente di sinistra. Viene eletto al primo turno chi ottiene il 50 per cento + 1 dei voti, altrimenti i due più votati andranno al ballottaggio, previsto per il 19 giugno.


I favoriti: Gustavo Petro e Francia Márquez

Il senatore Gustavo Petro, 62 anni, è un’economista e leader del Pacto Histórico, coalizione di sinistra che guida in ticket con Francia Márquez, leader sociale afrocolombiana candidata alla vicepresidenza. Márquez, 40 anni, sarebbe la seconda donna nera in tutto il Sudamerica a ricoprire una simile carica e la prima in Colombia, dove gli afro-discendenti rappresentano solo il 10 per cento della popolazione, subendo da sempre una sottorappresentanza nella vita pubblica e politica. Minatrice, domestica, attivista per l’ambiente e i diritti umani fin dall’adolescenza, avvocatessa e politica, la numero due della sinistra colombiana, sopravvissuta a un attentato nel 2019, fa sperare in un’era di maggiore equità sociale.


Petro, in gioventù guerrigliero del gruppo M-19, è al terzo tentativo per la presidenza ed è già stato sindaco di Bogotà, che ha amministrato per tre anni. In testa ai sondaggi con il 35-40 per cento delle preferenze, che lo fanno sperare in una vittoria al primo turno, ha concentrato tutta la sua campagna elettorale sulla riforma agraria e la redistribuzione delle risorse naturali, questione centrale in un Paese profondamente diseguale dal punto di vista della distribuzione della terra, sulla transizione energetica e su una maggiore parità di genere nel Paese. Il suo più diretto avversario è Federico Gutiérrez, dato per secondo dai sondaggi. Già sindaco di Medellín, il candidato di destra, 47 anni, è il più giovane tra i politici in corsa e punta tutto sulla lotta alla corruzione, sulla crescita economica e sul potenziamento della sicurezza.

Un bivio cruciale per il Paese

La Colombia, che conta circa 51 milioni di abitanti, si presenta alle urne in un clima di forte polarizzazione. Le imponenti manifestazioni scoppiate nell’aprile 2021 contro la riforma fiscale e più in generale contro le politiche neoliberiste del governo, sono state espressione di un malessere diffuso nella popolazione, che aspetta da tempo un cambio di marcia nell’amministrazione del Paese, a partire da una reale attuazione degli Accordi di pace firmati nel 2016 con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) che ponga davvero fine a 50 anni di sanguinosa guerra civile. «Siamo arrivati ad un bivio – ha spiegato all’Ansa il professore di Scienze politiche dell’Universidad del Norte di Barranquilla, Fernando Giraldo -. Gli elettori dovranno decidere se il Paese continua nella strada percorsa finora o cambia rotta». Secondo Giraldo, «se la Colombia non cambia modello politico ed economico, si espone ad una rivolta sociale di proporzioni enormi e di conseguenze incalcolabili». E una papabile vittoria della sinistra, commenta invece Yann Basset, della Universidad del Rosario di Bogotà, «genera aspettativa, ma anche molta inquietudine e paura in vari settori».

Le minacce alla sicurezza

Gli accordi del 2016 non hanno messo fine alla violenza dilagante nel Paese, dove operano ancora due fronti di dissidenti delle ex Farc, l’Esercito nazionale di liberazione (Eln) e un gran numero di narcotrafficanti ed ex paramilitari. Negli ultimi mesi il clima attorno alle urne è stato tutt’altro che sereno, tra minacce di morte, intimidazioni, violenze e omicidi di leader social ed ex guerriglieri. Proprio Petro, nei primi giorni di maggio, ha dovuto sospendere la campagna elettorale per scampare a un attentato da parte del gruppo paramilitare Cordillera.

Oggi, 28 maggio, il ministro della Difesa colombiano, Diego Molano, ha denunciato che in almeno 8 dei 32 dipartimenti in cui è suddiviso il Paese, la popolazione delle aree rurali è sottoposta a minacce da parte dei gruppi armati in vista delle votazioni di domani 29 maggio. «In tutti i comuni e i villaggi presi di mira sono stati effettuati ulteriori dispiegamenti della nostra forza pubblica, al fine di garantire che queste denunce non si concretizzino e i colombiani di quelle zone rurali possono votare liberamente», ha dichiarato Molano, assicurando che l’intero dispositivo di sicurezza, composto da 300mila soldati e agenti di polizia, è pronto a proteggere le urne, con particolare attenzioni ai 50 comuni del Paese dove l’ordine pubblico è maggiormente a rischio.

Immagine di copertina: EPA/Carlos Ortega

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