Alice Scagni, il padre al 112 prima dell’omicidio: «Mio figlio minaccia di tagliarci la gola». La risposta: «Prima deve denunciare»

Dura circa 12 minuti la chiamata la chiamata in cui si sentono i due agenti indagati che rifiutano la richiesta del padre di Alberto di intervenire

Nell’indagine sull’omicidio di Alice Scagni, uccisa dal fratello Alberto l’1 maggio 2022, spunta un’altra drammatica telefonata tra il padre della vittima e i due poliziotti indagati. Nella chiamata – avvenuta poche ore prima della tragedia – si sente l’uomo che chiede con insistenza di mandare una volante, ma dall’altra parte si sente rispondere che «senza denuncia non possiamo arrestare nessuno, non funziona così». A quel punto, i genitori fanno presente che Alberto il giorno prima aveva già tentato di dare fuoco alla porta di casa della nonna. Ma l’operatore ribadisce la loro indisponibilità, spiegandogli che se il figlio non si trova lì, loro non possono intervenire. Ma il padre insiste e riferisce delle minacce alla figlia e al genero. «Lei ha mai fatto denuncia?», gli chiede l’operatore. «No, non l’ho mai fatta perché la situazione è peggiorata da poco tempo. Ma come faccio a denunciare? Lui mi ha tagliato le gomme, ha minacciato di tagliarmi la gola», risponde il signor Scagni. L’agente prima gli ribadisce la necessità di fare denuncia, poi gli chiede dove abita, come si chiama e quando è nato.


Parla con il capoturno e torna a fare domande su Alberto, chiedendo se avesse le chiavi di casa dei genitori. Ma Scagni gli fa presente «che il giorno prima la polizia aveva preso già a verbale la moglie». L’agente gli dice così: «Se suo figlio torna non apra la porta e ci ricontatti e noi mandiamo la macchina. La denuncia non so se può farla adesso. La faccia domani che non è festa. Lei stia a casa. Se suo figlio si presenta sotto casa di sua figlia ci faccia chiamare e lo andiamo a prendere». Ma Scagni è terrorizzato e risponde: «E se io esco e questa persona mi taglia la gola per strada?». Ma il poliziotto sottolinea nuovamente: «Noi non possiamo prevedere il futuro. Ma non possiamo arrestarlo senza una denuncia. Se viene sotto casa sua allora le mandiamo la macchina e lo prendiamo». Tutta questa conversazione è stata depositata dalla procura, che ha chiuso le indagini per l’omicidio e si attende la richiesta di rinvio a giudizio del pm. Lo scorso novembre l’agente e il capoturno sono stati indagati, assieme alla dottoressa della Salute mentale che avrebbe temporeggiato dopo le richiede dei genitori di ricoverare il figlio Alberto. Quest’ultimo ora si trova nel carcere di Marassi a Genova.


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