Cosa Nostra, Gaspare Spatuzza torna libero: la storia di ‘U Tignusu dai 40 omicidi a via D’Amelio fino al pentimento e alla conversione

Sarà sottoposto a un regime di sorveglianza per i prossimi cinque anni. Gli attentati con Graviano e Messina Denaro, il rapimento di Di Matteo e l’addio alla mafia

Gaspare Spatuzza è un uomo libero. Nell’aprile scorso il killer diventato collaboratore di giustizia che ha contribuito a riscrivere la storia delle stragi di Capaci e via D’Amelio aveva chiesto di tornare in libertà. Ora, scrive il Corriere della Sera, la richiesta è stata accolta. Il 3 maggio 2021 anche Giovanni Brusca era tornato in libertà. Spatuzza, soprannominato ‘u Tignusu per la sua calvizie o l’imbianchino per il mestiere che svolgeva, è nato a Palermo l’8 aprile del 1964. Era affiliato alla famiglia di Brancaccio. Ovvero quella che all’epoca era guidata da Filippo e Giuseppe Graviano. Spatuzza si è autoaccusato di aver rubato la Fiat 126 impiegata come autobomba in via D’Amelio, dove il 19 luglio 1992 sono morti Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. Spatuzza è tra gli autori materiali dell’omicidio di Don Pino Puglisi nel 1993. Ha rapito il 13 enne Giuseppe Di Matteo per vendicarsi del padre Santino e del suo pentimento.


Spatuzza ha ricevuto condanne per oltre 40 omicidi. L’Antimafia lo ha catturato nel 1997 all’ospedale Cervello di Palermo. Durante la detenzione si è iscritto alla facoltà di teologia. Da due settimane ha ottenuto la libertà condizionale. Senza avere più i vincoli della detenzione domiciliare a cui era sottoposto dal 2014. Ora, per cinque anni, dovrà rispettare le prescrizioni del tribunale. Tra cui quella di non frequentare pregiudicati o non uscire dalla provincia in cui prenderà la residenza senza un’autorizzazione della Questura. Il suo pentimento risale all’estate del 2008. Tra le sue dichiarazioni anche quelle che hanno mandato a processo Matteo Messina Denaro per le stragi di Capaci e via D’Amelio. ‘U Siccu è stato condannato in primo grado. Ora è in via di conclusione l’appello. Il programma di protezione per Spatuzza è stato chiesto dai magistrati per la prima volta nel 2010. All’inizio fu respinto. Per le sue dichiarazioni (considerate “a orologeria”) su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri e un presunto accordo con i fratelli Graviano.


La conversione religiosa

Un anno fa il tribunale di sorveglianza gli aveva negato la detenzione domiciliare. Sostenendo che il positivo percorso di pentimento intrapreso dal soggetto non era ancora completato. La sua avvocata Valeria Maffei ha fatto annullare quel giudizio in Cassazione. La pronuncia del tribunale di sorveglianza chiude la storia e gli restituisce una libertà condizionata. Spatuzza attualmente ha 59 anni. E in molte occasioni ha raccontato che il suo pentimento fa parte di una conversione religiosa che lo ha fatto avvicinare al cattolicesimo. Per questo ha chiesto perdono alle vittime, ha svolto attività di volontariato, si è scusato anche con il fratello di Don Puglisi per l’omicidio. E ha pregato all’Accademia dei Georgofili, luogo della strage di Firenze di quasi trent’anni fa.

La testimonianza su Graviano e le stragi

Spatuzza testimoniò riguardo un incontro da lui stesso avuto con Giuseppe Graviano al bar Doney di via Veneto a Roma alla fine del 1993. Nell’occasione, secondo Spatuzza, il capomandamento di Brancaccio gli aveva confidato che la stagione delle stragi di Cosa Nostra era finita. Perché la mafia aveva trovato “un accordo” con lo Stato. E gli fece il nome di Berlusconi e Dell’Utri. Nel gennaio 1994, ad onta del presunto accordo, i Graviano vennero arrestati in un ristorante a Milano. E da quel momento si trovano al 41 bis. Dopo le autobombe Spatuzza, su ordine di Giuseppe Graviano, aveva imbucato una serie di lettere destinate alle redazioni dei quotidiani: «Tutto quello che è accaduto è soltanto il prologo, dopo queste ultime bombe, informiamo la Nazione che le prossime a venire andranno collocate soltanto di giorno ed in luoghi pubblici, poiché saranno esclusivamente alla ricerca di vite umane. P.S. Garantiamo che saranno centinaia».

L’attentato allo Stadio Olimpico

Spatuzza ha anche confessato di essere tra i responsabili del fallito attentato ai carabinieri a Roma. Il 23 gennaio 1994 una Lancia Thema venne parcheggiata in via dei Gladiatori vicino allo Stadio Olimpico. Di fronte al presidio dei carabinieri: quel giorno si giocava Roma-Udinese. Nell’auto c’era esplosivo ma anche dei tondini di ferro appositamente tagliuzzati: con la detonazione avrebbero dovuto partire come proiettili e uccidere. Spatuzza e Salvatore Benigno si appostarono su una collinetta vicino allo stadio. Da lì fecero partire la detonazione. Ma il telecomando si inceppò. E la strage fallì.

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