Inchiesta Covid, ipotesi di truffa aggravata per l’Iss. Ma l’Istituto replica: «Mai chiesti 750 euro a tampone»

Si indaga per truffa aggravata ai danni dello Stato. La posizione del presidente Brusaferro

«Le notizie circolate finora sono totalmente destituite da ogni fondamento». Ribatte così l’Istituto Superiore di Sanità alla ricostruzione dell’inchiesta di Bergamo fatta oggi dal Corriere della Sera. Analizzando le carte delle indagini sui primi mesi della pandemia, il quotidiano riportava un’accusa secondo cui l’Iss avrebbe chiesto un finanziamento alla Protezione Civile equivalente a 750 euro per ogni tampone, quando il prezzo di mercato era di appena 3 euro. Tra le posizioni stralciate e inviate a Roma per competenza c’è quella di Silvio Brusaferro, che come rappresentante legale dell’Iss dovrà fronteggiare l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato. Gli investigatori hanno trovato un’email che risale al 26 febbraio 2020. Il mittente è la vice capo del gabinetto del ministero della Salute Tiziana Coccoluto, mentre il destinatario è il capo della protezione civile Angelo Borrelli. «Facendo seguito alla mail in calce, ti inoltro una sintesi delle risorse necessarie per l’attuazione dello schema di ordinanza in oggetto, come stimate dall’Istituto superiore di sanità», si legge nella mail di Coccoluto. L’Istituto superiore di sanità, però, smentisce la ricostruzione dei giornali e – con una nota – fa sapere di non avere «mai chiesto» la cifra di 750 euro per tampone. Non solo, l’Istituto precisa che «con proprie risorse ordinarie ha processato oltre 5mila campioni di cui 3mila provenienti dalla sola Lombardia e non gli 800 di cui si parla». In ogni caso, ricorda l’Iss, i costi sostenuti nella prima fase della pandemia «comprendono materiali per l’esecuzione dei test, dispositivi di protezione individuale per il personale addetto, materiale monouso e potenziamento dei macchinari».


La mail e l’ipotesi truffa aggravata

Nell’allegato dell’inchiesta della procura di Bergamo, precisa il Corriere, si legge: «Con riferimento all’esame dei campioni biologici trasmessi dai laboratori regionali, si rappresenta che dall’esecuzione dei primi 200 test da parte dell’Istituto superiore di sanità emerge che gli oneri per il predetto numero di test è pari a 150 mila euro». E cioè 750 euro per ogni tampone. Lo stesso prezzo l’Iss lo paga per la consegna successiva: «Seicentomila euro lordi per un fabbisogno di 800 test». I soldi sono da «stanziare nell’ambito del limite complessivo di spesa di cui all’articolo 7 dell’ordinanza del capo dipartimento della Protezione civile del 3 febbraio». Il riferimento è a un’ordinanza di Borrelli che consentiva spese fino a 5 milioni di euro «senza previa pubblicazione di bando».


Il prezzo giusto

I primi 200 tamponi acquistati e gli 800 a seguire erano i test che, a inizio pandemia, servivano come controprova per i malati lombardi e veneti. Ma i prezzi sono finiti sotto l’occhio della Guardia di Finanza di Bergamo. Che si è posta la domanda più banale. Ovvero: qual era il prezzo di un tampone in quel periodo? La risposta data dall’Azienda Ospedaliera di Padova è finita agli atti: «Il test più utilizzato tra febbraio e marzo 2020 aveva un costo industriale unitario pari a 2,82 euro».

Foto di copertina: ANSA/CLAUDIO PERI | Il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro

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