Covid, trasferito a Roma un fascicolo dell’inchiesta di Bergamo: indagati gli ex ministri Speranza, Grillo e Lorenzin

Le carte sono state passate agli uffici giudiziari di Roma per competenza territoriale. Intanto il Tribunale dei ministri archivia la denuncia dei familiari delle vittime contro gli esponenti del governo Conte due

L’ex ministro della Salute Roberto Speranza e le sue predecessore Giulia Grillo e Beatrice Lorenzin risulterebbero indagati in un filone dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della pandemia che, per ragioni di competenza territoriale, è stato trasferito a Roma. Il reato ipotizzato su cui continueranno a indagare gli inquirenti romani, scrive l’Agi, è quello di omissione in atti d’ufficio. Nello specifico, i tre ex ministri della Salute sarebbero indicati come «responsabili dell’omessa istituzione e rinnovo del Comitato nazionale per la pandemia». Oltre ai tre, ci sono altri otto indagati la cui posizione sarebbe stata trasmessa da Bergamo a Roma, lo scorso novembre. Per l’ipotesi di reato di omissione in atti d’ufficio perché non avrebbero aggiornato il piano pandemico e omesso di definire i piani nel dettaglio, scrive l’agenzia, ci sarebbero Giuseppe Ruocco, Ranieri Guerra, Maria Grazia Pompa, Francesco Paolo Maraglino. Per «falsità ideologica» in relazione ai «dati falsi comunicati all’Oms e alla Commissione europea attraverso appositi questionari», invece, i nomi sarebbero quelli di Ranieri Guerra, Claudio D’Amario, Francesco Paolo Maraglino, Loredana Vellucci e Mauro Dionisio. Infine, per «truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche», sarebbe indagato Silvio Brusaferro.


Il Tribunale dei ministri archivia la denuncia contro sei esponenti di governo

Intanto, per un’altra inchiesta aperta in seguito alle denunce dei familiari delle vittime e di alcune rappresentanze sindacali di base, è arrivata la notizia dell’archiviazione da parte del Tribunale dei ministri. Le indagini sui vertici dell’esecutivo Conte dueGiuseppe Conte, Roberto Speranza, Luciana Lamorgese, Lorenzo Guerini, Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede -, non hanno portato a un rinvio a giudizio poiché «in alcun modo l’epidemia può dirsi provocata dai rappresentanti del governo». Non si possono ritenere responsabili i rappresentanti del governo, sostiene il Tribunale: «Deve ribadirsi che, soprattutto in una situazione di incertezza, non era esigibile da parte degli organi di governo l’adozione tout court di provvedimenti in grado di impedire ogni diffusione dei contagi che non tenessero conto della necessità di contemperare interessi diversi e in particolare la tutela della salute e la tenuta del tessuto socio economico della collettività». I giudici, dunque, non ritengono imputabili i membri dell’esecutivo di omicidio colposo plurimo, come chiedevano dai denuncianti: «Per verificare la colpevolezza si dovrebbe conoscere la genesi del contagio delle singole vittime e stabilire al di là di ogni ragionevole dubbio che misure di contenimento che non siano state adottate dal governo o disposte in ritardo avrebbero evitato il contagio o l’esito leale. Gli strumenti scientifici non sono in grado di accertare tali circostanze e non è possibile escludere responsabilità dei terzi considerato che la diffusione del virus dipende in buona parte da comportamenti virtuosi della collettività». Risulta anche impossibile, per i giudici, accertare una responsabilità penale sotto il profilo omissivo: non è dimostrabile che l’adozione di ulteriori misure di contenimento «avrebbero evitato il contagio».


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