Inchiesta Covid, il pressing di Rezza su Conte per la zona rossa. Ruocco: «Il Cts sapeva di Bergamo da inizio marzo ma non parlò al governo»

La zona rossa in Lombardia venne poi istituita l’8 marzo, ma l’epidemiologo sostiene di aver lanciato l’allarme diversi giorni prima

«La mia fissazione restava la necessità di una zona rossa a Nembro e Alzano». Così il direttore Prevenzione del Ministero della Salute ed ex direttore Malattie infettive dell’Iss Giovanni Rezza ricorda la riunione del Comitato Tecnico Scientifico del 6 marzo 2020, in cui aveva fatto presente le proprie preoccupazioni, partecipandovi «in qualità di sostituto del professor Brusaferro». Riunione dalla quale uscì con «l’idea che ci fosse indecisione». «Mi sembrava che il Presidente del Consiglio (allora Giuseppe Conte, ndr), non fosse convinto» ha detto ai pm il 18 giugno 2020 come teste nell’ambito dell’inchiesta sulla mancata zona rossa in Val Seriana nell’ambito della quale l’allora premier Giuseppe Conte, il governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’ex ministro alla Salute Roberto Speranza, sono indagati per epidemia e omicidio colposi assieme ad altre 16 persone. Rezza racconta: «Ricordo di aver verificato che Alzano e Nembro non erano molto distanti da Bergamo ed ho ritenuto che fosse necessario separare questi due comuni da Bergamo per evitare il contagio della città». La zona rossa in Lombardia venne poi istituita l’8 marzo.


«Conte era titubante»

Ma Rezza sostiene che lui e il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro abbiano suggerito a regione e governo di istituire la zona rossa prima di quella data. Rezza racconta di aver trovato appoggio sia da parte di Speranza che da parte di Fontana. Il primo era «preoccupato» sin «dai tempi di Wuhan» – si legge nel verbale di Rezza – «e diceva spesso di “cercare di stare un passo avanti rispetto agli altri paesi europei”». D’altro canto, invece, circa Conte dichiara: «il Presidente del Consiglio mi sembrava fosse dubbioso; ho avuto l’impressione che volesse elevare il livello del controllo all’intera regione». E prosegue: «Mi sembrava titubante in relazione all’impegno di forze dell’ordine per delimitare il cordone sanitario» anche vista «la necessità di non distogliere le forze medesime da altre attività di rilievo (come quella di lotta al terrorismo, per esempio».


«Con la zona rossa in Val Seriana Bergamo sarebbe stata tutelata»

L’epidemiologo racconta di aver visto un mappa del contagio «ai primi di marzo» che evidenziava un’alta diffusione a Nembro e Alzano. «Ricordo di aver verificato che Alzano e Nembro non erano molto distanti da Bergamo – ha detto Rezza – ed ho ritenuto che fosse necessario separare questi due comuni da Bergamo per evitare il contagio della città». Opinione di cui informò il Cts il 3 di marzo, aggiunge, per poi discuterne personalmente con Brusaferro uno o due giorni dopo. L’idea era di bloccare la catena di trasmissione e potenzialmente salvaguardare Bergamo. Rezza era convinto che «se il virus avesse sfondato in una grande città l’epidemia non sarebbe stata più contenibile». Aggiungendo, però: «Devo dire che anche l’istituzione di una zona rossa non avrebbe inequivocabilmente salvato la città di Bergamo (…) il lockdown che poi è stato deciso ha avuto una importante efficacia per il contenimento del contagio».

Ruocco

La versione dell’epidemiologo trova il supporto dell’allora segretario generale del ministero della Salute Giuseppe Ruocco, anche lui come Rezza sentito dai pm bergamaschi in qualità di testimone. Secondo quanto dichiara Ruocco, il Cts sarebbe stato informato della necessità di una zona rossa in Val Seriana ancora prima della riunione del 3 marzo, seppur in maniera informale. «Credo che l‘1 o il 2 marzo 2020 il dott. Locatelli, unitamente al prof. Brusaferro, già avevano anticipato la situazione epidemiologica di Alzano Lombardo e Nembro, a margine delle riunioni del Cts di quei giorni» si legge nella testimonianza dell’esperto raccolta anch’essa il 18 giungo 2020. «Locatelli – aggiunge Ruocco – evidenziava in particolare l’esigenza di attenzionare la zona di Bergamo per il numero dei casi significativo che si stava registrando nei comuni vicini». Tuttavia, la versione di Ruocco presenta un’incongruenza rispetto a quelle fornite da altri. L’ex segretario alla Salute, nel verbale, indica nell’1 o 2 marzo la data in cui il Cts e i tecnici di Roma dovevano riferire ai politici circa la situazione nel bergamasco per determinare l’eventuale istituzione di una zona rossa. Soprattutto, però, Ruocco esclude che «questa riflessione di Locatelli sia stata formulata alla presenza del Ministro Speranza e/o del Presidente Conte di fronte a me».

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