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Vaticano, la grande truffa del palazzo a Londra: così sono spariti 135 milioni di euro

16 Marzo 2023 - 06:33 Redazione
vaticano palazzo sloane avenue londra truffa
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Oggi la testimonianza di monsignor Peña Parra. La vicenda dell'immobile in Sloane Avenue 60. E di un acquisto sbagliato e sospetto

Oggi monsignor Edgar Peña Parra, all’epoca sostituto della Segreteria di Stato, spiegherà come è successo quello che non poteva succedere. L’arcivescovo venezuelano sarà ascoltato come testimone nel processo sulla vendita del palazzo di Sloane Avenue 60 in quel di Londra. Dirà che aveva ricevuto rassicurazioni puntuali e circostanziate. Ma false. Da chi gli era stato presentato come avvocato della Segreteria di Stato. Ma in realtà rappresentava anche gli interessi della controparte. Ovvero il broker Gianluigi Torzi, oggi imputato nel tribunale dello Stato Pontificio. Il suo predecessore era il cardinale Angelo Becciu. Nel frattempo indagato nella vicenda della gestione della cooperativa Spes di Ozieri.

Sloane Avenue 60

Quando Peña Parra arriva a Roma, ricostruisce oggi la Repubblica, la Segreteria di Stato aveva già acquistato una quota dell’immobile in Sloane Avenue 60. E lo gestiva tramite una delle finanziarie di Raffaele Mincione. Il 22 novembre 2018 il capo dell’ufficio amministrativo monsignor Alberto Perlasca avverte il monsignore che c’è un «alto rischio di perdita totale dell’investimento». Per evitarlo gli prospetta di rilevare l’intera proprietà. Peña Parra vuole chiede la documentazione e scopre che Perlasca ha già firmato, lo stesso 22 novembre, due contratti. Ovvero un “Framework Agreement” e uno “Share Purchase Agreement” con la società Gutt Sa di Torzi. A quel punto invia ai sottoposti una lunga serie di obiezioni su entrambi i contratti. La prima: perché a Torzi si lasciano mille azioni della Gutt Sa mentre il Vaticano ne compra 30 mila ma non ha diritto di voto in assemblea? Gli arrivano le rassicurazioni: Torti non rappresenterà la Santa Sede. Nel CdA i diritti economici verranno tutelati dalla rappresentanza della Segreteria di Stato.

La firma

A quel punto Peña Parra firma. Informando anche il cardinale Parolin e Papa Francesco. Dopo un mese però arriva Perlasca e gli dice che vuole rescindere il contratto. Anche se non dà spiegazioni al cardinale perché nel frattempo è partito per le vacanze. Alla fine viene fuori che la Segreteria di Stato ha acquistato una scatola vuota. Torzi aveva trasformato la natura delle azioni: «In realtà la Segreteria di Stato aveva acquisito 30 mila azioni senza diritto di voto, rimettendo l’esercizio di tale diritto esclusivamente in capo alTorzi». Che arriva a espellere il rappresentante della Segreteria di Stato dal cda. Perlasca aveva offerto a Torzi la proprietà del palazzo «su un piatto d’argento». Il resto è storia. Il Papa suggerisce di «voltare pagina e ricominciare da capo». Torzi viene liquidato. Gli avvocati consigliano alla Segreteria di Stato di riacquistare in proprio il palazzo. Peña Parra chiede uno stanziamento straordinario allo Ior che, insospettito, denuncia la vicenda alla magistratura vaticana. Si apre il processo. Il danno complessivo è stimato tra i 65 e i 135 milioni di euro.

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