Naufragio di Cutro, la Guardia di Finanza sapeva che sul caicco c’erano migranti in difficoltà. L’appunto che smonta la ricostruzione ufficiale

L’ufficiale di turno al comando centrale segnalava la sera di sabato 25 febbraio un “natante con migranti”. Ma quell’appunto sparì e nessun’allerta fu diramata alla Guardia Costiera, che rimase ferma

Sono poche parole, ma chiare e pesanti. C’è un appunto, vergato a mano nella tarda serata di sabato 25 febbraio da un ufficiale di turno della Guardia di Finanza, che pare smontare molte delle ricostruzioni ufficiali delle autorità fatte su quanto (non) accaduto nella notte di quel maledetto weekend, quando un barcone caricò di migranti si schiantò contro una secca a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Cutro dopo una navigazione da incubo con mare forza 4. Le autorità italiane, è stata la versione più volte ribadita, anche in Parlamento dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, erano state allertate sì da Frontex – l’agenzia Ue per il controllo delle frontiere esterne – della presenza di un’imbarcazione in difficoltà tra le onde, ma non sapevano che essa trasportasse migranti. Per questo la questione fu trattata un’operazione di law enforcement, e non di ricerca e soccorso: per questo, in altre parole, non fu fatto uscire alcun mezzo per prestare soccorso ai naufraghi.


Ma un documento pubblicato oggi da Repubblica mette in serio dubbio questa narrazione. «Si comunica avvistamento Eagle 1 di natante con migranti», scriveva a penna sul giornale delle operazioni alle 23.20 del sabato sera l’ufficiale di turno della Guardia di Finanza, dando seguito alla segnalazione arrivata da Frontex. Che certo, non aveva indicato esplicitamente la presenza di migranti a bordo, ma informazioni sufficienti – per uomini esperti come quelli del corpo italiano – a decifrare la situazione: in particolare, la rilevazione termica consistente sottobordo. E l’ufficiale di turno, infatti, aveva perfettamente capito e segnalato quale fosse la tipologia di emergenza, e dunque di intervento necessario. Tanto da disporre l’uscita della motovedetta V5006 prima e del pattugliatore Barbarisi poi.


Il mistero dell’appunto scomparso

Perché dunque a quella segnalazione non fece seguito un intervento SAR, che sarebbe dovuto essere a quel punto delegato alla Guardia Costiera? Non è chiaro chi e in quale momento intervenga, ma è un fatto – rivela Repubblica – che quell’appunto, il giorno dopo, risulta sparito. Non ve n’è traccia nell’annotazione di polizia giudiziaria che la sezione operativa navale di Crotone della Gdf redige domenica 26 febbraio, a tragedia ormai consumata. Quell’appunto pare dimenticato appena dopo essere stato scritto. Alle 23.20 del sabato sera, il comando generale della Guardia di Finanza dispone infatti «che la vedetta 5006 effettui pendolamenti in zona Capo Colonne in attesa che il target entri nelle acque nazionali». L’indicazione, insomma, è che la nave della Gdf faccia “melina” in attesa che il caicco, che si trova in acque internazionali, entri in quelle territoriali. Nel frattempo, può andare a fare benzina a Crotone. E la Guardia Costiera? Negli stessi minuti è informata di tutto.

«Contattata Capitaneria di Porto di Reggio Calabria, riferisce di essere a conoscenza del natante». Ma, non essendo stato attivato alcun protocollo SAR, «attualmente non hanno predisposto alcuna imbarcazione, in caso di necessità faranno uscire unità di Crotone». Tutto tace, insomma. Tutti sanno, a grandi linee, qual è la situazione, ma nessuno interviene, in attesa del più o meno prossimo ingresso dell’imbarcazione in acque italiane. E il mare intanto, come le autorità ben sanno monitorandone costantemente i moti, sale d’impeto sino a raggiungere forza 4. Quattro ore dopo, a notte fonda, i mezzi della Gdf sono infatti costretti a rientrare in porto: proibitive, per quei mezzi, le condizioni del mare. Ma ugualmente – sono le 3.20 di domenica – nessuno si muove per verificare le condizioni di quel natante alla deriva.

«La Capitaneria di porto di Reggio Calabria, alla richiesta se avevano unità pronte a muovere, comunicava che non avendo ricevuto richiesta di soccorso e non avendo certezza della presenza di migranti a bordo, e che l’imbarcazione sta navigando regolarmente, non hanno predisposto uscita di unità navale». L’aridità della burocrazia ha vinto sullo slancio umanitario: non più di mezz’ora dopo, a seguito di una brusca manovra degli scafisti tra le onde altissime, il caicco s’infrange contro una secca a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. I morti accertati sono ad oggi 86.

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