Irma Testa si racconta, dai trionfi sul ring al coming out: «Il mio punto di riferimento è Frida Kahlo»

La campionessa e gli stereotipi: «Non è vero che la boxe e il calcio fanno diventare lesbiche le donne»

L’italiana Irma Testa ha vinto la medaglia d’oro ai mondiali di boxe in India. Nella finale di categoria dei 57 chili a Nuova Delhi ha battuto la kazaka Karina Ibragimova. E in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera oggi racconta la sua vita e la sua carriera. Partendo dagli inizi da 12enne a Torre Annunziata: «Da noi non ci sono tante possibilità per i giovani. O vieni da una famiglia perbene e benestante, che ti fa studiare, ma se hai i genitori assenti perché devono lavorare dalla mattina alla sera è difficile prendere strade che ti portino lontano. Io ho avuto il maestro Lucio Zurlo, che ha sostituito i miei. Sono entrata in palestra, mi sono subito divertita, non ne sono più uscita». Irma ha portato a casa una serie di record. È stata la prima pugile italiana alle Olimpiadi (Rio 2016, a 18 anni). La prima sul podio olimpico (bronzo a Tokyo 2020). E la prima a segno in tutte le rassegne.


Il coming out

Ma è stata anche la prima a fare coming out. Con la madre quando aveva 15 anni: «Non avevo mai parlato di queste cose con lei, ma ha aperto i suoi pensieri e ha capito: ci si può innamorare di chiunque», dice a Gaia Piccardi. E poi con i giornalisti di ritorno dal Giappone: «Una medaglia olimpica ti mette al riparo da tutto: pensavo che il mio coming out si portasse dietro altre ragazze, così non è stato. Poi ci fu la questione del ddl Zan, l’applauso dei senatori quando non passò in Parlamento. Guardavo con ammirazione chi combatteva questa battaglia per aiutare i più deboli: ho voluto espormi. Mi sarei sentita una codarda, non l’avessi fatto». Adesso si sente un po’ una pioniera: «Mi piace l’idea di aver gettato il seme del cambiamento, ma c’è ancora molta strada da fare: in Italia il pugilato femminile vince di più di quello maschile, che a Tokyo non c’era, eppure parliamo di una disciplina ancora considerata per uomini. Non è più così. Quanto a me, sono la donna immagine del movimento ma non sono la sola. Conquistare un oro fa bene allo sport femminile in generale».


La boxe e gli stereotipi

Irma Testa dice anche che il suo sport è pieno di stereotipi: «Come il calcio femminile: fa venire le gambe grosse, fa diventare omosessuale… Ma quando mai? Il mio sogno è vedere le palestre piene di bambine: prima dei 12 anni non tiri pugni, però entri in un mondo pieno di regole e valori. Ed è falso anche che tirando di boxe ti rompi il naso o gli zigomi: in un incontro ci sono molti meno infortuni che in altri sport considerati non violenti. Il pugilato ti fa crescere». Poi parla di Sirine Charabi, nata in Tunisia ma italiana, che ha conquistato l’argento nei 52 kg: «Finalmente ha la cittadinanza italiana a differenza delle sue due sorelle, una maggiore e l’altra gemella. Mi sembra una sciocchezza che l’abbia avuta per meriti sportivi quando avrebbe potuto indossare la maglia azzurra a 14 anni: è un gran talento, la conosco da sempre, parla il dialetto meglio di me. Faceva i ritiri insieme a noi ma poi non poteva gareggiare: l’ho vista soffrire per anni».

Frida Kahlo

Infine parla di un suo punto di riferimento: Frida Kahlo. «Una donna che ammiro incondizionatamente: Frida ebbe un incidente, soffrì pene indicibili ma non ha mai smesso di dipingere. Una donna pittrice, in Messico, all’inizio del secolo scorso: se non si è arresa lei, perché dovrei mollare io? La penso spesso prima di un incontro». E dice che con i 100 mila euro del premio «magari compro casa per me, ad Assisi, dove sono in affitto e dove mi vedo ancora molti anni. E mo’ a mamma chi lo dice…?».

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