Carovita anche sulla telefonìa: tariffe indicizzate all’inflazione e senza diritto di recesso. Aumenti stimati fino a 35 euro (Tim e WindTre in prima linea)

Con rialzi di 2 euro in più di spesa al mese, il nuovo meccanismo non prevede una rimodulazione al ribasso in caso di tasso in discesa

Oltre a luce, gas e cibo, anche telefonare diventa ulteriore fonte di preoccupazione per le tasche degli italiani. L’alto tasso di inflazione ha fatto inaugurare l’anno ai gestori con prezzi più alti di uno o due euro per tariffa, una tendenza che non accenna ad arrestarsi. Ma c’è di più. La novità, oltre al rincaro dei costi di chiamate e servizi internet, è l’indicizzazione delle stesse tariffe all’inflazione. In buona sostanza: i prezzi salgono se il carovita aumenta. Un meccanismo però che non prevede la stessa proporzione anche al ribasso nel caso di inflazione in discesa. La nuova formula poi non prevede la possibilità di esercitare il diritto di recesso. Il quadro non incoraggiante, ripreso da La Stampa, è fornito dall’Osservatorio Tariffe e da Segugio.it, che hanno delineato i nuovi trend della telefonìa in Italia.


Quali gestori hanno già aumentato i prezzi

Per quanto riguarda la telefonìa mobile i rialzi sono stati registrati nel piano tariffario di Tim con 2 euro in più di spesa al mese per alcuni clienti; di WindTre, anche in questo caso per 2 euro in più di costo; di PosteMobile con 1 euro in più. Per la telefoniamogli fissa invece le rimodulazioni al rialzo hanno riguardato Fastweb fino a 5 euro in più al mese, Tim con l’aumento di 2 euro e Vodafone con +1,99 euro. I gestori che al momento hanno applicato le tariffe indicizzate all’inflazione sono Tim e WindTre, e la previsione è che il meccanismo possa diventare una regola per tutti. A quel punto sia per i vecchi che per i nuovo clienti si oscillerà con gli aumenti a seconda del tasso di inflazione con una crescita annuale del canone mensile: non una rimodulazione ma un aumento che quindi non prevede il diritto al recesso.


Come funzionano le tariffe indicizzate all’inflazione (Tim e WindTre hanno già provveduto)

L’adeguamento all’inflazione diventa così una delle condizioni contrattuali, lasciando ben poca difesa ai clienti. Nel caso specifico di Tim, la compagnia segue già l’indice Ipca (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato) per i paesi dell’Ue e che quindi offre una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo. WindTre fa riferimento all’indice Foi (Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati): in questo caso la misurazione è sui consumi dei nuclei familiari che fanno capo a un lavoratore dipendente. Entrambi i meccanismi non considerano l’effetto di un eventuale inflazione al ribasso. L’Osservatorio Sostariffe.it e Segugio.it forniscono una stima dei prezzi delle tariffe indicizzate all’inflazione: per il 2024, nell’ipotesi di un tasso di inflazione pari a quello attuale, sia per Tim che per WindTre i costi arriverebbero a 18 euro, fino a punte di 35 euro annui.

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