Una domanda a Conte, Draghi e Meloni: tutti quei miliardi che la Ue ci presta per il Pnrr a che tasso di interesse sono? – Il video

Alla domanda su quale sia il tasso di interesse applicato per il denaro in prestito del Pnrr, i tecnici del governo hanno risposto: «Non è chiarissimo»

Da qualche giorno la stessa maggioranza di centrodestra che sostiene il governo si sta dividendo sulla opportunità di prendere altri miliardi a prestito dalla Unione europea per finanziare il Pnrr. Per capire se è conveniente o no farlo, sarebbe necessario avere una risposta da tre presidenti del consiglio: Giuseppe Conte che trattò il pacchetto, Mario Draghi che l’ha gestito e Giorgia Meloni che deve prendere oggi tutte le decisioni. La domanda è semplice: a che tasso di interesse sono prestati tutti quei miliardi di euro concessi all’Italia? Non è una domanda banale, perché il PNRR prevede 122,5 miliardi di prestiti all’Italia. Di questi 55,6 miliardi sono al servizio di nuovi investimenti, ma 67 miliardi servono a finanziare in altro modo investimenti che erano già previsti nei documenti di bilancio pluriennale. Gran parte di questi – 51,4 miliardi di euro – erano progetti già partiti e inseriti nella contabilità pubblica che prima del Pnrr sarebbero stati finanziati con le tradizionali emissioni di debito pubblico (Btp e Bot). I restanti progetti per 15,6 miliardi di euro sarebbero stati a carico del Fondo sociale di coesione.


In qualsiasi famiglia prima di contrarre un debito e di decidere se approfittare di quel prestito concesso dalla banca ci si informa su quanto costa per restituirlo e quindi su che tasso di interesse è previsto. Ho chiesto perciò ai tecnici del governo a che tasso saranno erogate le prossime tranche del Pnrr. La risposta è stata disarmante: «Non è chiarissimo. Sarà definito quando inizia la fase della restituzione». E allora come si fa a decidere se prendere o no quel prestito? In realtà al Tesoro italiano la commissione europea invia una «confirmation notice» in cui sono elencate le spese di finanziamento da rimborsare alla Ue una ventina di giorni prima di erogare la tranche di prestito concessa all’Italia. Il costo reale (tassi di interesse e spese di istruttoria) è quindi noto al governo italiano solo quando ormai la frittata è fatta e il prestito non si può più rifiutare. Per le prime due tranche finora erogate per altro non è stato reso di pubblico dominio.


L’Unione europea spiega che mettendo insieme le garanzie di tutti i paesi partecipanti per finanziare Next Generation Ue i tassi che si ottengono saranno sempre migliori di quelli che verrebbero concessi a un singolo paese con le sue sole garanzie. Questo è vero. Ma sarebbe stato vero in assoluto solo se la provvista fosse stata ottenuta dalla Ue all’inizio, nel 2021. Invece le risorse che servono a finanziare il prestito vengono reperite sul mercato di volta in volta, avendo a riferimento i tassi medi dell’ultimo semestre.

Quando è partito il Pnrr i tassi in Europa erano a zero (in alcuni casi anche sotto lo zero). Oggi sono al 3%. Quindi i prestiti oggi erogati dalla Ue all’Italia sono più favorevoli di quelle che oggi l’Italia otterrebbe lanciando nuovi Btp, ma a condizioni decisamente peggiori di quelle che avrebbe ottenuto l’Italia emettendo titoli di Stato ad hoc nel 2021. Non ci si attendeva un rialzo così serrato dei tassi da parte della Bce? Va bene. Ma oggi le dichiarazioni di Christine Lagarde e le aspettative del mercato sono di ulteriori rialzi «fino a quando l’inflazione non tornerà al 2%». I prestiti legati al Pnrr che potremmo prendere fra sei mesi o un anno potrebbero essere a condizioni peggiori di quelle che otterremmo oggi lanciando Btp per finanziare il programma. Un buon motivo per fermarsi a pensare sulle prossime tranche e valutare se quell’indebitamento a condizioni sempre peggiori vale davvero il gioco.

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