L’imprenditore che ha fatto un figlio con una dipendente e ne ha messe incinte altre due in 10 mesi, la prima dopo l’abbandono gli fa causa: «Paghi gli alimenti»

L’uomo si rifiuterebbe di riconoscere la paternità del bambino già nato, mentre altre due sue dipendenti aspettano un figlio da lui

[L’articolo è stato aggiornato il 12 aprile in seguito ad una richiesta di rettifica]


A trascinare in tribunale un imprenditore della zona di Sora, in provincia di Frosinone, è stata la prima sua ex dipendente rimasta incinta dopo una relazione con lui. La donna nel frattempo ha partorito, ma a seguirla ce ne saranno altre due che con l’ex datore di lavoro hanno avuto una relazione, sono rimaste incinte e da lui sarebbero state abbandonate. Le relazioni sarebbero andate avanti in circa dieci mesi, come riporta il Messaggero, con la prima compagna dell’imprenditore decisa a ottenere dal tribunale di Cassino i diritti di mantenimento per il figlio. Una strada che potrebbero presto seguire anche le altre due donne. La relazione era iniziata a febbraio 2022, quando i due vanno a convivere e la donna inizia a lavorare nell’attività del compagno. Poco dopo lei scopre di aspettare un bambino, due settimane dopo chiede al suo fidanzato e datore di lavoro di smettere di lavorare per evitare che i ritmi di lavoro possano compromettere la gravidanza. La relazione tra i due si incrina, lui si comporta in modo sempre più aggressivo nei suoi confronti, finché la donna capisce che non ci sono più i presupposti per convivere insieme. Ad agosto i due si lasciano, l’imprenditore prima si dice comunque disposto a sostenere le spese della gravidanza, ma poco dopo cambia idea e pretende un test del Dna. Lui però non ha intenzione di pagare l’esame, né quindi di sottoporsi al test.


Per l’imprenditore la relazione con la donna sembra ormai alle spalle. Inizia una nuova relazione con un’altra collaboratrice della sua società. Anche questa resta incinta. L’ex fidanzata però scopre la storia sui social, dove trova il video del baby shower organizzato dai due per rivelare l’arrivo del bambino previsto per ottobre. Ma nella vicenda spunta anche una terza dipendente, anche lei affascinata dall’imprenditore e anche lei rimasta incinta dopo averlo frequentato. Per ora a portare in tribunale l’imprenditore c’è solo la prima ex dipendente, ma non è escluso che anche le altre due possano decidere di intraprendere la stessa strada se l’uomo non vorrà riconoscere la paternità dei nascituri. La prima udienza, intanto, è fissata per il 21 settembre al tribunale di Cassino, dove il legale della prima donna, Antonio Carugno, presenterà al giudice l’istanza per il riconoscimento della paternità del bambino già nato.

Riceviamo in data 11 aprile richiesta di rettifica da Francesca Mazzenga, avvocato dell’anonimo imprenditore:

1. Non risponde al vero che le donne coinvolte nella vicenda siano tre, né tantomeno che siano dipendenti dell’azienda né che siano in stato di gravidanza;

2. Non risponde al vero che la donna che lo ha citato in giudizio fosse sua dipendente, sia perché all’epoca dei fatti in contestazione l’Azienda non aveva dipendenti e sia perché costei era già impiegata formalmente presso un noto supermercato della zona;

3. Non risponde al vero che il mio assistito sia il padre del bimbo nato a Gennaio 2023, né che sia il padre degli ulteriori ed ipotetici nascituri;

4. Non risponde al vero che si sia sottratto al test del DNA in sede stragiudiziale né che abbia preteso che lo stesso esame dovesse essere eseguito a spese della controparte, giacché è esattamente l’opposto. Il mio assistito con missiva prontamente inoltrata al legale di controparte chiariva di non volersi assolutamente sottrarre agli obblighi nascenti dalla supposta paternità, subordinando l’adempimento dei medesimi all’esito degli esami genetici comprovanti la paternità in capo allo stesso: ciò perché il bambino non è stato concepito in costanza di matrimonio, non operando la presunzione di paternità. Nonostante l’onere probatorio di dimostrare la detta paternità sia posto in capo alla madre reclamante, il mio assistito si rendeva prontamente disponibile a sopportare le spese dell’esame genetico in ragione della metà, sollecitando la controparte a sottoporvisi quanto prima. Pertanto non risponde al vero che il presunto padre si sia sottratto al test genetico né che non ne abbia voluto sostenere i costi;

5. Invero, è stata la controparte a rifiutare la proposta di eseguire privatamente il test del DNA in quanto pretendeva che tutte le spese relative fossero poste a carico esclusivo del mio rappresentato;

6. Non risponde al vero che il mio assistito abbia intrattenuto una relazione sentimentale e/o un rapporto di convivenza con la medesima, né che si sia rifiutato di sostenere le spese inerenti la gravidanza, poiché i conti presentati tramite i precedenti legali e che gli veniva richiesto di pagare non erano inerenti la gestazione e tutto ciò che questa comporta;

7. non risponde al vero che la vicenda abbia assunto risvolti penalistici ai danni del mio assistito con ipotetiche denunce/querele sporte in suo danno a causa di presunti comportamenti violenti giacché, dai certificati penali del Casellario Giudiziale e dei Carichi pendenti aggiornati all’attualità, non si evince alcun procedimento penale definito e/o pendente in danno del mio assistito. Al contrario il mio rappresentato, unitamente a sua madre, si è visto costretto a fine gennaio 2023 a sporgere formale denuncia/querela nei confronti della controparte e della di lei madre per i reati di diffamazione e stalking;

8. E’ doveroso precisare, inoltre, come la scrivente difesa nel giudizio del prossimo settembre si opporrà sollevando ogni opportuna e necessaria contestazione nel rito e nel merito: a tal proposito, sia consentito precisare come parte avversa, sebbene per il tramite dei Vs. giornali, abbia avuto cura di diffondere una notizia palesemente falsa, nel giudizio non ha avuto la medesima accortezza poiché la sbandierata data di udienza del 21.9.2023 non avrà sicuramente l’esito processuale, così come proclamato, a causa dei propri grossolani errori di forma che saranno eccepiti nelle opportune sedi.

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