Terzo polo, tensione tra Azione e Italia Viva. Calenda smentisce: «Serve partito unico». I renziani si riuniscono alle 21.30

«I due si devono vedere. Seppellire l’ascia di guerra o, più verosimilmente, prendere atto che è finita», ragionano i parlamentari

Se la malattia di Silvio Berlusconi e il futuro incerto di Forza Italia, in un primo momento, avevano fatto pensare al Terzo polo come naturale approdo per molti azzurri, le tensioni tra calendiani e renziani agiscono da deterrente per eventuali transfughi liberali. Il progetto di costruire un soggetto unico di centro, coagulando le risorse di Azione e Italia Viva, partiti oggi federati, rischia di partire già azzoppato. L’appuntamento del 10 giugno, data scelta per dare avvio al congresso, è evocato dagli esponenti più vicini a Matteo Renzi, che replicano ai dubbi dei dirigenti di Azione, fatti trapelare in anonimato sugli organi di stampa. «Facciamo il congresso e in quella sede discutiamo di tutto. Nei partiti democratici si fa così. Chi ha paura della democrazia?», afferma l’ex ministra Teresa Bellanova, dirigente di Italia Viva. Il casus belli sembrerebbe essere la sostituzione di Ettore Rosato alla guida di Italia Viva. Posto che si sarebbe intestato Renzi in prima persona. All’Ansa, un alto dirigente di Azione spiega così la manovra: «L’unico problema dirimente oggi per la costruzione del partito unico dei liberal-democratici è che Renzi non vuole prendere l’impegno a sciogliere Italia Viva e a finanziare il nuovo soggetto e le campagne elettorali».


Seguendo la ricostruzione della persona vicina a Carlo Calenda, «Renzi ha sostituito a sorpresa Rosato alla guida del partito, per controllarne direttamente i soldi e la struttura. In questo modo ha delegittimato anche il comitato politico della federazione del Terzo polo, dove oggi non siede nessun rappresentante di Italia Viva in grado di prendere impegni. Calenda ritiene inaccettabile questo atteggiamento in quanto contrario agli impegni presi con gli elettori. Dopo mesi di tatticismi da parte di Renzi sul partito unico e le sue assenze dalle attività del Terzo polo per occuparsi di affari privati, a cui da ultimo si è aggiunto Il Riformista, la pazienza del gruppo dirigente di Azione si è esaurita». Sempre la stessa fonte sentenzia: «La pazienza del gruppo dirigente di Azione si è esaurita. In settimana si capirà se questo nodo si potrà sciogliere. Se così non sarà il partito unico non potrà nascere». Non si è insinuato un semplice dubbio nelle schiere calendiane: i rapporti tra gli esponenti dei due partiti sembrano ormai tutti basati sul sospetto. Il capogruppo del Terzo polo alla Camera, Matteo Richetti, esce allo scoperto: «Renzi deve decidere se nella vita fa politica o informazione. Quando telefona Renzi mi parla del partito o mi intervista per il Riformista?».


Il deputato iscritto ad Azione appare certo che la guida del nuovo partito, benché si tratti di un ruolo politico contentidibile, sarà di Calenda: «Una leadership l’abbiamo messa in campo. L’abbiamo scritta anche nel simbolo e la sosteniamo con ancora più forza. È giusto che quando si fanno i partiti, i partiti siano aperti, contendibili. Chi vuole sfidare Calenda lo sfiderà. Che Renzi faccia il direttore de il Riformista è una notizia per i lettori de il Riformista, non per gli elettori del Terzo polo». Questa serie di dichiarazioni da parte del gruppo dirigente di Azione innesca la batteria di risposte dei vertici di Italia Viva. Il deputato Davide Faraone, in una nota, accusa direttamente il leader di Azione: «Stiamo aspettando che Calenda convochi il tavolo di lavoro delle regole, stiamo aspettando che Calenda convochi il comitato politico, stiamo aspettando che Calenda spieghi come candidarsi al congresso. I tatticismi sono tutti di Calenda, non di Renzi. Meno male che dal 10 giugno si vota in modo democratico». Il senatore Ivan Scalfarotto, invece, si rivolge a Richetti: «Leggiamo che ha dubbi sulle scelte di Renzi. Prima gli chiedono il passo indietro, poi non sono convinti. Fortunatamente con il 10 giugno parte il congresso del partito unico e tutti i dubbi saranno sciolti nel fisiologico gioco democratico». «Il problema non è se si scioglie Italia Viva, l’impressione è che si stia sciogliendo Azione per le proprie divisioni interne. Meno male che arriva il 10 giugno parte il congresso» attacca Luciano Nobili, Consigliere regionale in Regione Lazio e dirigente di Italia Viva.

Infine, i due portavoce nazionali del partito, Alessia Cappello e Ciro Buonajuto, diramano un comunicato contro le affermazioni dei dirigenti di Azione e i presunti malumori tra i calendiani. «Non c’è nessun tatticismo di Italia Viva. Abbiamo deciso di fare un congresso democratico in cui ci si confronti a viso aperto e non con le veline anonime. Ci sono le date già fissate, ci sono le regole decise da Calenda comprese quelle sul tesseramento, ci sono i gruppi di lavoro con i nomi già decisi, c’è il comitato politico. Noi siamo pronti al congresso che Calenda ha chiesto di fare. E ci mettiamo nome e cognome. C’è qualcuno che cambia idea una volta al giorno, ma quel qualcuno non siamo noi. Quanto a Renzi: gli è stato chiesto di fare un passo indietro, lo ha fatto. Adesso possiamo fare il congresso democratico anziché inviare veline anonime?». I nervi, ormai, sono scoperti. Verso ora di pranzo di oggi, 11 aprile, Renzi convoca una riunione al Senato per i suoi parlamentari e consiglieri regionali. L’Ansa riporta qual è il ragionamento che ripeterebbe ai suoi, in queste ore, Renzi: «Abbiamo accettato tutte le richieste di Azione. Tesseramento, tempi del congresso, mio passo indietro, nome di Calenda sul simbolo, soldi. Adesso andiamo avanti e si faccia il partito unico e il congresso. Se Calenda ha cambiato idea, lo dica. Secondo me è un errore politico ma chi vuol far saltare il partito unico si assumerà la responsabilità».

La calma predicata dai leader

«I due si devono vedere. Seppellire l’ascia di guerra o, più verosimilmente, prendere atto che è finita», riferiscono parlamentari di entrambi i partiti, divisi al proprio interno tra chi ritiene terminata l’avventura terzopolista e chi sostiene che le trattative per il partito unico siano tutt’altro che concluse. I renziani, in generale, continuano a imputare a Calenda l’exploit della tensione e il coinvolgimento della stampa sul caso. Chiosano: «Calenda sta facendo tutto da solo». Cercando di spegnere l’innesco, i big dei due partiti scendono in campo con dichiarazioni caute. Calenda respinge le voci di una rottura con Italia Viva con un secco «ma figuriamoci». Su Twitter, il frontman di Azione scrive: «Per quanto concerne Azione, la prospettiva di un partito dei liberal-democratici aperto e inclusivo resta l’unica utile al paese. Va perseguita seriamente e rapidamente con i soggetti realmente interessati. Polemiche da cortile non ci interessano e non vi prenderemo parte». Mentre si avvicina l’incontro delle 21.30 tra i parlamentari renziani, anche Maria Elena Boschi prova a stemperare: «Leggo polemiche dentro il Terzo polo. Mi dispiace. Abbiamo scelto di fare un partito unico e abbiamo già definito le date. Noi non cambiamo idea e lavoriamo in questa direzione». Roberto Giachetti sfodera l’arma dell’autoironia, facendo riferimento alle diverse rotture politiche e alle successive sconfitte elettorali che lo hanno visto protagonista: «Cioè giuro che chi rompe adesso, dopo le promesse che abbiamo fatto fin dalla campagna elettorale, per un progetto politico, largo, partecipato e contendibile, vince il “premio Giachetti” del 2023». Stefania Saccardi, vicepresidente della Regione Toscana e politica da sempre vicina a Renzi, afferma: «Il processo di unificazione va avanti». Anche l’ex ministra Elena Bonetti conferma: «È urgente costruire un partito di centro che ricomponga le idee riformiste, liberali e popolari. Di questo sono in coscienza convinta e su questo continuo a lavorare».

Le ricostruzioni sulle ragioni della presunta rottura

Solo coperto da anonimato c’è chi si spinge a dire che tra Calenda e Renzi è finita: «Mi sembra che nessuno voglia fare più niente. Calenda e Renzi alla fine non riescono a stare insieme e secondo me si spacca tutto». Secondo quanto ricostruisce Lapresse tramite sue fonti di Italia Viva, «la vera ragione per cui Carlo è impazzito è che ha capito che qualcuno di noi vuole candidarsi contro di lui», al congresso. I renziani sembrano aver individuato in Luigi Marattin il probabile avversario del leader di Azione nella corsa alla segreteria del partito unico. Secondo alcuni, poi, «Azione potrebbe perdere pezzi: Mara Carfagna potrebbe lasciare», è la previsione di chi vede l’ex ministra del Mezzogiorno «pronta a tornare in Forza Italia». Dal quartier generale di Azione ripetono che il vero nodo risiede nel fatto che Renzi, «tornato a fare il segretario di Italia Viva, non vuole scioglierla e non vuole destinare il 2×1000 al nuovo partito. Il ragazzo sui soldi non scherza», accusano. Francesco Bonifazi, deputato e tesoriere di Italia Viva, smentisce: «A differenza di quanto sussurrato da veline anonime, giova ricordare che Italia Viva ha contribuito in modo paritetico rispetto ad Azione a tutte le campagne elettorali del Terzo polo, dalle politiche alle regionali del Friuli-Venezia Giulia. La scelta di come destinare i soldi è stata presa dal senatore Calenda che ha optato nella stragrande maggioranza dei casi per affissioni recanti il suo volto e il suo nome. Italia Viva ha contribuito al momento per oltre 1 milione e 200 mila euro. Quanto al futuro 2×1000, questo andrà ovviamente alla struttura legittimata dal congresso democratico».

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