«Quel nome mi ha risvegliato un ricordo terribile»: così padre e figlio si salvarono per miracolo dall’aggressione dell’orsa Jj4

Fabio e Christian Misseroni fecero un terribile incontro nel 2020 con lo stesso plantigrado che ha ucciso Andrea Papi

Tre mesi il padre, tre settimane il figlio, per riprendersi dalle ferite fisiche, ma «dallo choc non si guarisce». Quasi tre anni fa Fabio e Christian Misseroni furono aggrediti, sempre sul monte Peller, dalla stessa orsa che ha ucciso Andrea Papi. Dopo quell’aggressione, dalla quale si salvarono «per miracolo», hanno dovuto chiudere la macelleria di famiglia ricevendo in cambio un risarcimento di 5mila euro. A la Repubblica il padre Fabio racconta l’aggressione subita allora e rivela di aver immaginato che Papi, che loro conoscevano bene, fosse stato ucciso dallo stesso plantigrado che li aveva feriti nel 2020. «Abbiamo pensato a JJ4 dal primo istante. Considerato l’attacco devastante contro Andrea, caro amico, ci era rimasto un dubbio. La firma dell’attacco era però quella dell’orsa che ha ferito noi», racconta Misseroni, «è stata un’aggressione imprevedibile, fulminea, silenziosa e terribile come la nostra: tre anni fa noi stavamo risalendo un dosso e procedevamo chiacchierando. All’improvviso abbiamo sentito rugliare da sotto un abete, nemmeno il tempo di voltarci e l’orsa ci è stata sopra. Impossibile fuggire».


Come si salvarono

Ancora oggi è impossibile sapere con certezza perché l’orsa non portò a termine l’attacco. Jj4 li aggredì all’improvviso, e padre e figlio tentarono una difesa disperata. «Abbiamo la conferma di essere vivi per miracolo, perché eravamo in due. L’orsa ha prima morso a una gamba Christian, sollevandolo da terra mentre scalciava con gli scarponi, poi ha puntato alla gola», ricorda il padre, «a quel punto con la forza della disperazione mi sono gettato tra Jj4 e mio figlio. L’orsa sembrava impazzita, con gli artigli mi ha rovesciato sulla schiena e con un morso mi ha spezzato la gamba». La situazione era davvero disperata, ma poi, riuscendo a recuperare le forze, in un attimo padre e figlio si sono alzati in piedi e hanno iniziato a gridare. «Solo a quel punto l’orsa ha realizzato che eravamo in due. Ci ha guardato, si è eretta anche lei sulle zampe posteriori e con un balzo è scomparsa nel bosco», spiega Fabio, «è rimasta sorpresa dal vedere che eravamo in due. Poteva ucciderci con due zampate, ma non sapeva chi guardare. Gli zoologi ci hanno spiegato che è stata spaventata da una circostanza a lei ignota».


La rabbia per la morte dell’amico

Dopo quell’aggressione, l’orsa che ha ucciso Andrea Papi doveva essere catturata – come richiesto dalla Provincia di Trento – ma due anni fa il Tar ne difese la libertà accogliendo il ricorso degli animalisti. Era noto che quell’orsa fosse molto aggressiva, commenta con asprezza Fabio, «è stata una morte annunciata e prevista da tutti gli abitanti della zona, gli organi giudiziari si sono opposti a cattura e abbattimento, come preteso dagli animalisti: finora non abbiamo sentito scuse e ammissioni di colpa». Ora governo e istituzioni locali stanno studiando un piano che potrebbe prevedere il trasferimento di una parte degli esemplari. «Ormai è tardi», conclude, «noi siamo vivi per caso, Andrea non c’è più: temiamo che per l’ennesima volta nessuno sarà chiamato a rispondere per avere abbandonato la popolazione ad un pericolo evidente».

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