L’ipotesi dei «suicidio per vendetta» dietro la morte della moglie dell’ex medico Virtus. Il gip: «Farneticante»

La donna è morta per la combinazione di un sedativo e un anestetico, il Midazolam e il Sevoflurano

Il tempo passa e nuovi dettagli emergono sul caso di Isabella Linsalata e suo marito Giampaolo Amato, l’ex medico della Virtus 64enne di Bologna che avrebbe ucciso la consorte somministrandole un mix letale di farmaci. Midazolam per sedarla, e poi Sevoflurano, potente anestetico: questa la combinazione, ricostruisce l’edizione locale bolognese di Repubblica, che avrebbe dato vita all’«arma del delitto». Tanto letale quanto subdola: solo qualcuno con una profonda conoscenza scientifica avrebbe potuto elaborarla. E rintracciarla. Infatti solo l’autopsia, richiesta dai figli anche per rintracciare eventuali problemi genetici ereditari, ha permesso di intuire quanto accaduto. Amato respinge ogni accusa, e continua a proclamarsi innocente. Non solo: è stata avanzata anche l’ipotesi del «suicidio per vendetta». Uno scenario in cui Isabella, anche lei medico, avrebbe deciso di togliersi la vita per incastrare il marito che la tradiva. E che il gip ha ritenuto «del tutto farneticante». Questo perché, innanzitutto, risulta improbabile che una volta sedata la donna abbia deciso di buttare via tutte le confezioni. In secondo luogo, perché era profondamente religiosa. E, da ultimo, perché in quel periodo sembrava essere «particolarmente serena».


I fatti

I fatti risalgono alla notte tra il 30 e il 31 ottobre 2021. Il movente, secondo quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Claudio Paris, risiederebbe nell’«inconfessabile desiderio» dell’uomo di togliere di mezzo quello che percepiva essere l’ultimo ostacolo alla sua nuova relazione, iniziata nel 2018. Una storia di cui sembra che sua moglie fosse a conoscenza. Amato adesso è accusato non solo di omicidio aggravato dalla premeditazione, ma anche di peculato e detenzione illecita di sostanze psicotrope. «Con ogni probabilità – si legge infatti nell’ordinanza – il Sevoflurano e il Midazolam sono stati sottratti nei giorni precedenti da uno degli ospedali dove l’indagato prestava servizio». Il primo è stato probabilmente servito a Isabella, secondo quanto ipotizza al gip, in una bevanda apparentemente innocua. Disciolto i una tisana, forse, o in un bicchiere di vino. La donna, in quel periodo illusa di scorgere un riavvicinamento con il marito nonostante le recenti difficoltà coniugali, si sarebbe fidata e avrebbe bevuto. E a quel punto, una volta sedata, lui le avrebbe fatto inalare il Sevoflurano, anestetico «ad uso esclusivamente ospedaliero». Di cui però Amato, nel corso del primo interrogatorio, ha detto di non essere mai entrato in possesso: «Non uso nel mio ambito lavorativo farmaci di questo tipo», ha affermato. Ma adesso, è indagato non solo per la morte di sua moglie ma anche per quella di sua suocera, avvenuta 22 giorni prima: le analisi sul suo cadavere sono risultate positive al Midazolam, ed «è emerso altresì il sospetto della presenza di Sevoflurano nel prelievo del polmone» della donna.


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