Francesco D’Episcopo, il professore universitario che non ha mai usato né cellulare né pc: «La mia vita come arte dell’incontro e della presenza»

Il docente di Letteratura all’Università Federico II di Napoli: «Continuando così il mondo sarà completamente menomato, come se avesse subito un incidente fatale, delle sue funzioni essenziali che sono la fonte della libertà, della verità e della felicità»

«Offline is the new luxury», è ormai un mantra entrato nel linguaggio sia tra i Millennials sia nella Generazione Z nei paesi industrializzati. Già, perché tra studio, lavoro e svago, il tempo passato online e al telefono è diventato sempre più crescente, con tutte le conseguenze che comporta, tra cui l’information overload, ossia il sovraccarico cognitivo derivante dal continuo e incessante assorbimento e processo di nuove informazioni. Un sovraccarico che, oltre a danni fisici (come alla vista o alla postura), può influire anche sul fronte psicologico, causando depressione, ansia, stress, problemi di concentrazione, ma anche – solo per citarne alcuni – sindrome da burnout e disturbi alimentari. Che fare, dunque? La risposta è ovvia: disconnettersi, o comunque limitare l’uso dei dispositivi digitali. Ma questa strada non sempre è perseguibile. Ed è proprio per queste ragioni che l’essere offline è considerato il nuovo lusso per certe generazioni. Ma non sono solo certi giovani a desiderare una vita un po’ più offline e lenta. E lo sa bene il professore Francesco D’Episcopo, docente di Letteratura all’Università Federico II di Napoli, che nella sua vita non ha mai avuto un cellulare, né un computer. In un’intervista sul Corriere del Mezzogiorno, il docente spiega che non avere un cellulare «è manifestazione di libertà», ma anche un modo per poter definire i paletti e decidere se e come mettersi in contatto con l’esterno, nonché i momenti in cui si può essere reperibili o meno. Per il professor D’Episcopo la linea di confine è nettissima: «Sono reperibile dalle 21 alle 22 al telefono di casa pronto ad accogliere le telefonate concise e concrete di poche persone».


E cosa farebbe nel 2023 il professore D’Episcopo se si trovasse fuori casa e avesse urgenza di fare una telefonata? La soluzione è semplice: cabine telefoniche a gettone che, anche se stanno sostanzialmente venendo progressivamente smantellate, non è detto siano state archiviate da tutti. E anzi, il professore D’Episcopo sulle cabine telefoniche ancora presenti a Napoli assicura che «potrebbe scriverci una guida». Durante il lockdown, però, il professore ammette di aver dovuto cedere agli strumenti digitali. «Ma solo due volte – precisa – per due lezioni in streaming per scolaresche a cui non potevo dire di no. In altre circostanze mi sono rifiutato e in genere evito di collaborare a tutto ciò che è online». E poi per la famiglia, residente al Nord, con cui per le festività il docente ha dovuto fare uno strappo alla regola e per alcuni minuti ha parlato con loro attraverso il cellulare della moglie che, dice il professor D’Episcopo, «a differenza di me ha una notevole esperienza comunicativa».


Nel corso dell’intervista c’è anche spazio per qualche piccola rivelazione. Già perché nel corso degli anni più di qualcuno ha regalato al docente un cellulare, ma lui rivela di aver usato l’arte del riciclo (del regalo): «Io ho ringraziato, ma li ho regalati a persone care». Il non-rapporto con gli strumenti digitali del professor D’Episcopo potrebbe sembrare anacronistico, ma il docente è pienamente e felicemente contento di non dover aver a che fare con la tecnologia, con un mondo dematerializzato, e con l’essere sempre reperibile: «È un mondo in cui la vita, come diceva Vinicius de Moraes, è l’arte dell’incontro, che si avvale della conversazione diretta, dello scambio di sguardi, della presenza fisica che è molto più importante di quanto possa sembrare». E conclude: «Continuando così il mondo sarà completamente menomato, come se avesse subito un incidente fatale, delle sue funzioni essenziali che sono poi la fonte della libertà, della verità e della felicità». Il tutto rigorosamente scritto a mano. Firmato, con bella grafia: professor Francesco D’Episcopo.

Foto in copertina: Francesco D’Episcopo / Corriere del Mezzzogiorno

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