Parità di genere, non c’è molto rosa nelle principali aziende italiane quotate. E nessuna donna è Ceo – Lo studio dell’Università Bocconi

A 12 anni dalla legge che ha introdotto le “quote rosa”, sono ancora poche le donne che ricoprono ruoli di massima responsabilità. E – al momento – nessuna è alla guida operativa delle principali imprese nazionali

A 12 anni dall’introduzione della legge Golfo Mosca, che impone le cosiddette “quote rosa”, ossia quote di genere da rispettare nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate in Italia, la situazione è a dir poco desolante e i cambiamenti risultano essere pressoché inconsistenti. Malgrado nel corso degli anni si sia indubbiamente registrato un aumento di numero donne con ruoli decisionali e strategici sia nel pubblico sia nel privato, si tratta più di eccezioni che di effettivo raggiungimento della parità di genere. Secondo quanto emerso da uno studio realizzato dal Corporate Governance Lab dell’Università Bocconi di Milano in cui viene analizzato il numero di donne presenti nei CdA delle 50 principali società italiane quotate in borsa, suddividendole secondo i diversi settori di business. Se da un lato la presenza di donne nei consigli di amministrazione è superiore al 41%, la percentuale però scende vertiginosamente quando si parla di presenza femminile nei ruoli executive, attestandosi solo al 13,7%. E per quanto siano presenti in Italia centinaia di competenti e valide top manager, nelle principali società italiane nessuna donna ricopre la carica di Ceo.


Questo perché le competenze mangeriali vengono impiegate per coprire particolari incarichi specialistici, mentre le donne – spesso – sono ben lontane da rappresentare una presenza “normale” nella gestione dei diversi business delle aziende italiane. In un solo settore si registra una presenza sostanziale di “donne al comando”. È quello della sostenibilità ambientale, dove si registra altresì un’età media generale di 50,2 anni e, nel caso delle donne, di 52,3 anni. Un’istantanea a dir poco desolante per il management in Italia. Certo, le buone prassi aziendali esistono, ma in molti casi si tratta di mero pinkwashing. Infine, come sottolineato in un commento pubblicato oggi, 11 aprile, sull’edizione cartacea del Sole24Ore a firma di Massimo Milletti, presidente onorario di Eric Salmon & Partners e dal professore Alessandro Minichilli, docente ordinario di corporate governance all’Università Bocconi, i dati emersi dallo studio cristallizzano la necessità di un reale rapido riassetto culturale, che tenga conto della «valorizzazione dei ruoli manageriali fondata più sui contenuti che sulla dimensione del potere, la ricerca di opportunità di carriera modulata sulle proprie esigenze di vita privata, il riconoscimento dell’autorevolezza del comando basato sulle competenze e sulla capacità di una guida equa e trasparente».


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