Inchiesta Juventus, perché il giudice ha mandato gli atti in Cassazione: processo in bilico tra Torino e Milano, i precedenti

Secondo il gup esistono due filoni inconciliabili dai precedenti di Antonveneta e Parmalat. Sarà ora la Cassazione a decidere se il processo debba continuare dove ha sede il club o dove è quotato in Borsa

Dovrà decidere la Cassazione se il processo dopo l’inchiesta Prisma a carico della Juventus debba svolgersi a Torino o Milano. Il cup Marco Picco nelle 27 pagine di ordinanza sul perché ha deciso di spedire gli atti in Cassazione parla di «questioni di una certe serietà» sulla decisione della sede, così ha fatto ricorso all’articolo 24 bis del codice di procedura penale, tra le novità introdotte dalla riforma Cartabia. Una decisione secondo il giudice inevitabile, soprattutto alla luce dei precedenti relativi a società quotate a Piazza Affari, come è la Juve, che poco aiutano a risolvere la questione, con il rischio di avviare un processo che si potrebbe rivelare inutile.


Le accuse

Nel caso della Juventus, che deve rispondere di falso in bilancio, manipolazione del mercato e false comunicazioni sociali, il cup spiega che il club per diffondere le informazioni obbligatorie per le società quotate il sistema Sdir «che, secondo la pubblica accusa, differisce sensibilmente dal precedente sistema Nis, al fine dell’individuazione del luogo di consumazione del reato, mentre, secondo le difese, i due sistemi sarebbero sostanzialmente equipollenti». Da parte della procura, c’è la richiesta ferma di tenere il processo a Torino, mentre i bianconeri spingono per spostare il procedimento a Milano, cioè dove si trova Piazza Affari. Il giudice quindi aggiunge che sull’aggiottaggio informativo «appare sussistere un contrasto giurisprudenziale in ordine all’individuazione del “locus commessi delicti” – quindi dove materialmente sarebbero stati commessi i reati – già in vigenza del sistema Nis». A questo proposito poi il giudice chiarisce che «la complessità della vicenda comporterebbe un’eventuale attività verosimilmente articolata e di non breve momento».


I precedenti

Decisione complessa per il gup, che quindi ha preferito chiedere chiarimenti alla Cassazione, fissando il punto secondo cui tra le varie accuse contro la Juve, quella più grave resta l’aggiottaggio informativo, vale a dire quello che viene contestato dalla procura in particolare per il comunicato stampa del 20 settembre 2019, relativo al bilancio di esercizio chiuso al 30 giugno dello stesso anno. Di certo per il gup è che «l’inconciliabilità di due filoni giurisprudenziali, rilevata anche in dottrina». E infatti, ricorda il Corriere della Sera, i precedenti non aiutano. Nel caso della banca Antonveneta, per esempio, venne stabilito che «è nel mercato che si consuma il reato e, quindi, il nel luogo in cui ha sede la società di gestione del mercato stesso», quindi Milano come sostengono le difese della Juve. C’è poi il caso Parmalat, in cui «si è dato rilievo al momento in cui la notizia viene “inviata” dall’ufficio della società a ciò preposto, essendo questo il momento in cui la notizia stessa “esce dalla sfera del soggetto attivo”». All’epoca il caso Parmalat fu tenuto a Milano perché era lì che aveva sede la Par.Fin. Ma per quanto riguarda il processo alla Juve, la procura indica Torino essendo lì la sede del club.

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