Vietato usare l’immagine dei monumenti senza permesso, la sentenza sul David che può colpire anche Open to meraviglia

Il tribunale di Firenze ha riconosciuto l’esistenza del diritto all’immagine dei beni culturali quale espressione del diritto costituzionale all’identità collettiva dei cittadini

I beni culturali costituiscono parte dell’identità collettiva di un popolo a uno Stato, e pertanto sono tutelati dal diritto d’immagine. Con una sentenza storica, il tribunale di Firenze ha dato ragione alla Galleria dell’Accademia contro una «famosa casa editrice» che, senza la concessione all’uso dell’immagine e senza il pagamento del canone, aveva pubblicato l’immagine modificata del David di Michelangelo su una sua rivista a fini pubblicitari. Nel 2017, lo stesso tribunale aveva emesso un’altra decisione in tutela del David, «inibendone l’uso illecito a fini commerciali», ricorda in un comunicato la Galleria, che ora festeggia «un altro decisivo risultato: per la prima volta si afferma, in una pronuncia di merito, l’esistenza del diritto all’immagine dei beni culturali quale espressione del diritto costituzionale all’identità collettiva dei cittadini che si riconoscono nella medesima nazione». I giudici hanno evidenziato che, così come la carta fondamentale all’articolo 2 tutela il diritto all’«identità personale, inteso come diritto a non veder alterato e travisto il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico e professionale, così occorre tutelare, ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, il diritto all’identità collettiva dei cittadini che si riconoscono come appartenenti alla medesima nazione anche in virtù del patrimonio artistico e culturale che è parte della memoria della comunità nazionale».


La Venere di Botticelli influencer

I giudici hanno riconosciuto l’utilizzo «insidioso e malizioso» dell’immagine del David di Donatello, accostato a fini pubblicitari e commerciali all’immagine di un modello col meccanismo della cartotecnica lenticolare, «così svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l’alto valore simbolico e identitario dell’opera d’arte e asservendo la stessa a finalità pubblicitarie e di promozione editoriale». L’uso illegittimo del David ha determinato un danno non patrimoniale – legato allo svilimento dell’opera, e sta qui la novità – quantificato in 30mila euro, oltre a un danno patrimoniale di 20mila euro per non aver pagato il canone per l’uso del bene, come previsto da tariffario del museo. «Un altro grande traguardo», ha esultato il direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze, «ormai è stato affermato un principio che esula dal singolo caso». E infatti su questo punto che c’è già chi si interroga se il governo, per il lancio di Open to meraviglia, abbia preso tutte le precauzioni necessarie. La Venere di Botticelli è stata infatti resa graficamente come un’influencer moderna che gira l’Italia ed è la testimonial principale della campagna pubblicitaria. Nelle settimane successive al lancio, Open to meraviglia è finita al centro di numerose polemiche – l’ultima non più tardi della settimana scorsa. Ora c’è da chiedersi se ministero del Turismo, degli Esteri e dello Sport, che hanno organizzato il progetto insieme all’ad dell’Eni Ivana Jelinic, abbiano concordato con la Galleria degli Uffizi i diritti allo sfruttamento, e se non si profila nessuna similitudine con il caso del David di Michelangelo, per il quale i giudici hanno riconosciuto un uso «insidioso e malizioso» da parte della casa editrice, «così svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l’alto valore simbolico e identitario dell’opera d’arte».


Leggi anche: