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Due anni di melina burocratica e alla fine un milione perduto. Ecco la storia dell’aiuto Ue all’Emilia Romagna per l’alluvione 2014

18 Maggio 2023 - 18:14 Franco Bechis
Che cosa è successo con i fondi europei destinati all'Emilia Romagna per l'alluvione del 2014. Una storia che rischia di ripetersi con l'ipotesi del ministro Pichetto Fratin di chiedere altri aiuti a Bruxelles

L’anno è il 2014, la data simbolo è quella del 9 ottobre, con Genova nuovamente travolta dall’alluvione dei torrenti Bisagno e Fereggiano. Ma da quel giorno per settimane il centronord Italia viene devastato da piogge torrenziali che fanno esondare i corsi d’acqua e provocano danni enormi a case private ed aziende. Anche in Emilia Romagna, soprattutto in tre province come quelle di Parma, Piacenza e Reggio Emilia che sono state risparmiate dai disastri di questo mese di maggio 2023. All’epoca in aiuto all’Italia e all’Emilia Romagna venne la Ue, stanziando un contributo che incredibilmente è restato fermo per due anni imprigionato da rimpalli burocratici che hanno costretto a una corsa contro il tempo e alla perdita di un milione di euro, il 10% della somma stanziata. Ecco come è andata.

Il 30 dicembre 2022- otto anni dopo quegli eventi- l’Agenzia della protezione civile della Regione Emilia Romagna ha pubblicato la determinazione n. 4834 sulla «conclusione delle procedure di interventi di liquidazione degli interventi autorizzati e determinazione delle economie». Otto anni dunque per gli interventi di emergenza, e l’arco di tempo già è in grado di parlare da solo. Dirigenti pubblici che festeggiano perché si è riusciti a non spendere tutti i soldi ricevuti (per l’Emilia Romagna 11.132.237 euro) risparmiando qualcosa meno di un milioni e spendendone alla fine circa 10. In mezzo il festival della burocrazia, che è in grado di spiegare perché mai l’Italia non viene messa un po’ più in sicurezza davanti ad eventi meteorologici anche estremi.

La storia di quell’alluvione nel centro Nord è esemplare, ed utile per vigilare cosa accade normalmente quando un consiglio dei ministri dichiara lo stato di emergenza e stanzia una prima somma (come accadrà ora martedì 23 maggio quando verranno approvati i primi 20 milioni per l’Emilia Romagna) a quando quei soldi vengono davvero impegnati per fare le opere che servono. Ecco il rally fatto all’epoca prima che quei soldi arrivassero a destinazione senza per altro essere stati spesi tutti, perché ad alcuni comuni i contributi sono stati revocati mentre altri hanno preferito rinunciarvi essendo troppa l’attesa.

Stanziati in tempi brevi dall’allora governo di Matteo Renzi i fondi per la prima emergenza, utili a pagare anche i contributi di autonoma sistemazione degli sfollati, il governo si rese conto di non avere abbastanza fondi accantonati e scelse- proprio come ipotizzato ora dal ministro Gilberto Pichetto Fratin– di bussare alla porta della Ue chiedendo un contributo al fondo di solidarietà europea (Fsue). La richiesta fu fatta il 23 dicembre 2014, a due mesi e mezzo dall’alluvione. La Ue si prese il suo bel tempo di riflessione e solo il 10 settembre 2015, a dieci mesi dall’alluvione, assegnò all’Italia 56.026.300 euro.

Il 9 ottobre del 2015, dopo avere dirottato sulla Liguria la parte più consistente di quel finanziamento, il governo Renzi assegnò formalmente 11.132.237 euro all’Emilia Romagna. Era passato esattamente un anno dall’alluvione. Un mese dopo (a 13 mesi dall’alluvione) la Regione Emilia Romagna decise con determinazione n. 903 dell’11 novembre 2015 di trasferire la somma all’Agenzia regionale di Protezione civile. Via ai lavori? No.

Solo due mesi e mezzo dopo- il 29 gennaio 2016- gli 11 milioni vengono effettivamente liquidati dalla Regione alla Agenzia regionale di protezione civile dopo avere deliberato in data 13 gennaio 2016 il «Piano degli interventi per l’esecuzione delle operazioni essenziali di emergenza e recupero connesse agli eventi calamitosi verificatisi nel periodo dal 9 ottobre al 18 novembre 2014». Pur essendo «operazioni essenziali di emergenza e recupero» dunque in 15 mesi non ne era partito nemmeno uno. E dopo 15 mesi? Nemmeno.

Il 22 febbraio 2016 (16 mesi dall’alluvione) la Giunta regionale dell’Emilia Romagna ci ripensa, e riscrive quel piano cambiando «taluni enti attuatori» e accorpando nelle tabelle allegate alcuni tipi di intervento. Siamo ventre a terra finalmente a lavorare per l’emergenza? Macché. L’emergenza della giunta regionale dell’Emilia Romagna è stata a quel punto quella della riforma dell’Agenzia regionale di protezione civile, istituendo il «Servizio Area Affluenti del Po» e il «Servizio Area Reno e Po di Volano» che sostituivano nelle funzioni due altri servizi dell’agenzia.

Quindi fermi tutti, perché i fondi emergenza sono stati assegnati a due servizi tecnici che non ci sono più e che quindi non sono in grado di trasferirli ad altri o di spenderli. Bisogna riassegnarli ai nuovi servizi appena creati. Tempo un minuto? Macché. Cinque mesi. Le cose vengono infatti messe a posto con una nuova deliberazione di Giunta regionale, la n. 1091 dell’11 luglio 2016. Siamo a 21 mesi dall’alluvione. In compenso la Regione aggiunge ai fondi europei un suo contributo di 5.581.517,76 euro, che porta i fondi ancora virtuali a 16,7 milioni di euro. Non si tratta di generosità: l’Ue è rigida in questo, e ha avvertito che il suo contributo deve essere “perentoriamente” fatturato entro il 9 aprile 2017, e la rendicontazione definitiva trasmessa entro il 9 maggio 2017. Altrimenti i soldi vanno restituiti.

Cosa accade a quel punto? Si corre a fare i lavori dove si può. Parte della somma ricevuta- 2,15 milioni di euro- viene stornata in un altro capitolo di spesa per altre opere non previste dal piano ma eseguite in emergenza e quindi fatturabili e restano così da rendicontare solo 8,9 milioni di euro da spendere secondo una nuova delibera regionale in data 11 novembre 2016. Siamo ai nastri di partenza a 25 mesi dall’alluvione. Otto milioni di euro verranno rendicontati entro il termine per non perdere i fondi Ue., mentre un milione viene perduto (portato in economia) perché non avendo fatto passi formali su progettazione ed esecuzione opere non è giustificabile. È come fosse un anticipo di fatturazione, perché in realtà non tutti i lavori vengono realizzati. Alcuni vengono inseriti nel gioco dei residui e riportati all’anno 2017 e poi anche all’anno 2018. Solo a fine 2022 la partita contabile di quegli interventi viene chiusa.

I fondi europei non sono stati i soldi ad essere utilizzati per l’emergenza. Il bilancio complessivo è stato fatto dalla Corte dei Conti nelle sue relazioni di parifica del bilancio regionale. Ecco cosa scrivevano nel 2018 i magistrati contabili: «Per tali interventi (contributi per ripristino immobili ad uso abitativo, interventi di messa in sicurezza idraulica e contributi per attività produttive) sono state stanziate risorse per euro 209.999.543,82 ed erogate per euro 79.831.033,92». Speso dunque solo poco più di un euro ogni 3 finanziati.

Foto copertina: ANSA/MAX CAVALLARI | I danni a Sant’Agata sul Santerno, in provincia di Ravenna dopo l’alluvione, 18 maggio 2023

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