Strage di Samarate, Alessandro Maja in aula: «Chiedo perdono per qualcosa di imperdonabile». La reazione del figlio Nicolò

Sentite le dichiarazioni dell’uomo, suo suocero è uscito bruscamente dall’aula. Il figlio sopravvissuto al massacro: «Non riesco a provare odio, ma il perdono è difficile»

Ha provato a «chiedere perdono per qualcosa di imperdonabile» Alessandro Maja oggi 18 maggio in aula, durante il processo a suo carico per l’omicidio tra il 3 e 4 maggio nella loro casa a Samarate, in provincia di Varese, di sua moglie Stefania Pivetta, della figlia 16enne Giulia e per il tentato omicidio del figlio Nicolò, 23 anni, rimasto gravemente ferito. All’udienza era presente anche il ragazzo, oggi in carrozzina dopo un lungo periodo di ricovero in ospedale, assieme agli zii e al nonno. L’architetto reo confesso, che era stato capace di intendere e volere, ha cercato di rispondere alla pm Susanna Molteni i motivi che lo hanno spinto ad aggredire la sua famiglia, spiegando di essere stato convinto che suo figlio fosse morto. Alla richiesta di perdono di Maja, il suocero Giulio Pivetta ha bruscamente lasciato l’aula: «Non potevo ascoltare certe cose», ha spiegato l’uomo.


La paura per i problemi sul lavoro e i soldi

Maja nel corso della deposizione ha più volte pianto e ha spiegato di aver aggredito la sua famiglia perché era preoccupato per un errore che aveva commesso sul lavoro e per la mancanza di soldi, argomento che aveva creato forti tensioni con sua moglie. Dalle indagini però è emerso che sui conti correnti della famiglia c’erano circa 280mila euro. «Ora è facile chiedere perdono – ha detto Mirko Pivetta, zio di Nicolò – Non nascondo che fa effetto vedere un uomo ridotto così. Ma che perdono dopo che abbiamo letto le perizie e ascoltato le modalità?». Quella del padre è una richiesta difficile da accettare anche per il figlio Nicolò, che a margine dell’udienza ha detto: «Non riesco a provare odio nei suoi confronti, però il perdono in questo momento penso sia difficile». Anche oggi il ragazzo, come nelle precedenti udienze, indossava una maglia con i volti di sua madre e sua sorella: «Sono emotivamente stanco – ha detto il 23enne – Non ho ancora una risposta esaustiva» sui motivi che hanno spinto suo padre a uccidere i suoi famigliari.


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