La deviazione dell’acqua per salvare anche Ravenna: l’inversione del canale Emiliano Romagnolo mai tentata prima

L’inversione negli ultimi due giorni dovrebbe ridurre ulteriori rischi per i centri romagnoli

Un’impresa mai tentata prima. Un’inversione di marcia che sembrava impossibile e invece ha contribuito a limitare i danni dell’acqua che sommerge la Romagna e la sua città principale: Ravenna. In condizioni normali il Canale Emiliano Romagnolo (Cer) pesca l’acqua del Po e la devia parallelamente alla via Emilia verso Sud Est, attraversando le campagne e le terre industriali del Bolognese, del Forlivese e del Ravennate che ne fanno uso per l’irrigazione e per placare la sete delle fabbriche che altrimenti resterebbero a bocca asciutta a causa della portata irregolare dei brevi fiumi romagnoli. Negli ultimi giorni, però, il flusso dell’opera idraulica costruita a partire dagli anni Cinquanta si è gonfiato sempre di più, rischiando di andare oltre la portata. Il canale avrebbe esondato se la direzione della corrente non fosse stata invertita. Anziché scorrere verso l’Adriatico, ora l’acqua scivola impetuosa verso Nord-Ovest e rimpingua il Po, anche lui grosso di pioggia, ma ancora in grado di reggere.


Il flusso al contrario

Tutta la catena da due giorni funziona al contrario. Le campagne non hanno bisogno di assorbire acqua ma di smaltirla. E quindi le idrovore la pescano e la sversano nel canale che scorre contromano e porta l’acqua a monte. «Grazie all’abbassamento del livello del Savio stiamo scaricando una parte dell’acqua nel fiume — spiega la direttrice del Cer, Raffaella Zucaro, citata da la Repubblica — ma il livello del Canale è talmente alto che, nonostante sia in contropendenza, riusciamo a farne defluire molta di più dall’altra parte, verso il Cavo Napoleonico (il tratto di canale che collega Reno e Po, ndr) e il Po». Quando gli idrometri sono stati sommersi, le paratoie si sono bloccate per sicurezza. Ma in questo caso eccezionale servivano aperte. «Così le abbiamo dovuto riconquistare una alla volta, raggiungendole a piedi nel fango e riaprendole a mano», spiega l’ingegnere del Cer Marco Albano.


I numeri

L’obiettivo e far defluire 1,5 milioni di metri cubi al giorno. Le idrovore lavorano incessantemente per scaricare l’acqua nel grande fiume che a Torino ha già raggiunto la soglia di allerta. Uno sfogo fondamentale senza il quale le condizioni sarebbero ancor peggiori di ora «Non avevamo nemmeno mai immaginato di poterlo fare», dice sincero Albano che da 15 giorni dorme se va bene 4 ore a notte. «I fiumi hanno riversato sul territorio un quantitativo d’acqua dieci volte superiore rispetto a quello che può scorrere nel nostro reticolo», rivela Giovanni Costa, direttore del Consorzio della Bonifica della Romagna Occidentale. Con le parole di Michele de Pascale, sindaco di Ravenna, se tenere asciutta la Romagna «comporta invertire la direzione di un corso d’acqua che per decenni ha defluito sempre e solo in unico senso, così sia».

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