Perché nonostante le piogge resta ancora il problema siccità: cosa non funziona e le possibili soluzioni

Pur essendo il quinto Paese d’Europa per piogge ricevute, l’Italia fa peggio di tutti e ne trattiene appena il 4%

Le alluvioni in Emilia Romagna, il Po alla prima soglia d’allerta di riempimento, senza l’apertura della diga di Olginate il Lago di Como avrebbe esondato. Discorso simile per il bacino della diga di Ridracoli in Toscana. A guardare questo quadro sembrerebbe che la prossima estate in Italia ci sarà acqua da vendere. Abbastanza da far dimenticare la siccità degli ultimi due anni. Eppure non è così, perché di tutta la pioggia caduta negli ultimi giorni, abbastanza per sei mesi in alcune zone, il nostro Paese non se ne farà nulla, o quasi. In Italia, infatti, solo l’11% dell’acqua piovana viene raccolto. Per confronto, in Spagna sono al 15%. Tutto il resto si disperde dai tubi, finisce in mare, nelle fognature, nel terreno, spiega il Messaggero avvalendosi di Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi, l’associazione dei consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue. Il risultato è che del totale rimane appena il 4%.


«Milano è la città più piovosa d’Europa»

L’Italia riceve moltissima pioggia. Intorno a 300 miliardi di metri cubi all’anno. Nel 2019, anno particolarmente piovoso, ne sono caduti 328. Nell’asciutto 2022 appena 220. «Milano è la città più piovosa d’Europa con 1200 millimetri di pioggia in media e l’Italia tra i 27 Paesi dell’Unione Europea è quinta per precipitazioni dopo Croazia, Irlanda, Austria e Slovenia» spiega a la Repubblica Erasmo D’Angelis, già segretario generale dell’Autorità di bacino dell’Italia Centrale ed ex sottosegretario del governo Letta con delega anche alle dighe e infrastrutture idriche. «Pur essendo uno tra i Paesi europei in cui piove di più, siamo quello che immagazzina meno acqua in assoluto», aggiunge D’Angelis.


La dispersione idrica e la malagestione

E di quella raccolta non facciamo buon uso. La dispersione dei 600 mila chilometri di rete idrica tocca il 40%. Le acque reflue depurate non vengono utilizzate in nessun modo – né per lavare le strade, né per le coltivazioni – ma semplicemente gettate in mare. Metà se ne va per l’agricoltura, che però spreca il 70% di quella che utilizza con tecniche irrigue obsolete. Mentre l’industria raffredda i macchinari con acqua di falda purissima che dovrebbe essere riservata all’uso potabile. Insomma, di acqua ne è caduta tanta, ma fra pochi giorni sarà andata tutta a perdersi. E se d’estate non pioverà, senza neve sulle montagne, la situazione non sarà troppo diversa da quella dello scorso anno. Negli ultimi 20 anni ci sono stati nove periodi di siccità. Mentre prima erano uno ogni 15. Eppure poco o nulla è cambiato.

Le soluzioni

Le soluzioni nel medio e lungo termine, però, ci sono. «Con Coldiretti abbiamo lanciato il piano Laghetti per realizzare piccoli invasi, senza cemento, che raccolgono l’acqua dai torrenti. Sono posizionati a diverse altitudini e il salto da un bacino all’altro permette di produrre energia idroelettrica. Sono una scorta preziosa per gli agricoltori nei periodi di siccità», spiega Gargano, che tra gli interventi da attuare il prima possibile cita anche la manutenzione straordinaria della rete idrica. D’Angelis poi suggerisce di rimettere in sesto 321 grandi dighe che il nostro Paese attualmente non utilizza.

Oltre a questo sarebbe fondamentale – sostiene – snellire l’apparato degli enti che gestisce le acque: troppi e troppo scollegati. Volendo fare un passo ancor più in là, si potrebbe seguire l’esempio di Rotterdam (nella città olandese, a discapito di quanto si potrebbe pensare piove molto meno che a Milano), dove piazze come Benthemplein sono diventate piazze d’acqua. Ribassate rispetto al livello della strada, normalmente sono usate come spazi di aggregazione, con campi da gioco, panchine, e attività per bambini. Ma in casi eccezionali possono essere riempite d’acqua, per evitare che questa vada persa o allaghi le aree circostanti.

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