«Vi spiego perché l’alluvione in Emilia-Romagna è la prova che Greta ha ragione»

Il professor Andrea Rinaldo, che ha vinto il Nobel dell’acqua, dice che siccità e piene sono collegate. E tutto dipende dal clima

Andrea Rinaldo ha studiato le reti fluviali e il binomio piene-siccità. È professore di Costruzioni idrauliche a Padova e all’Ecole Politecnique di Losanna. Ha vinto anche il “Nobel dell’acqua”, che riceverà ad agosto a Stoccolma per i suoi studi. E oggi in un’intervista al Resto del Carlino spiega perché la siccità e le piene sono colpa dell’uomo. «Le cose non accadono per caso. L’emergenza climatica ci sovrasta, dobbiamo adattarci», esordisce nel colloquio con Marcella Cocchi. Poi ricorda: «Già nel 1966 la Commissione sulla fragilità idraulica e geologica concluse che era necessario costruire alcuni grandi invasi. Ma non sono mai stati fatti. Attenzione, perché spesso sulle materie idrauliche colpa e castigo non coincidono».


Clima, siccità e piene

Rinaldo spiega che piene e siccità sono legati dal clima che cambia. «E la causa del disastro in Emilia-Romagna è perfino banale: è caduta un’ira di dio di pioggia. Quello che viene chiamato, banalizzandolo, il cambio climatico prevede la legge fisica che un grado in più di temperatura dell’aria significa dal 6 al 7% di vapore acqueo che l’atmosfera può trattenere. C’è più acqua: dove volete che vada? Cadrà più intensamente, in modo più concentrato. E si creeranno “meteore“ che hanno una dimensione in genere coincidente con quella critica per i bacini né troppo grandi né troppo piccoli, proprio come in Emilia-Romagna». Anche per il professore l’alluvione è un disastro annunciato: «Osservando le mappe del rischio di piena, l’Emilia-Romagna era grande come una casa in quelle dell’Ispra, per esempio. Era arcinoto che sarebbe successo.


Mitigazione o adattamento

Per il prof però «non è stato un evento sottovalutato per incompetenza, ma un problema tanto impattante per gli impatti sociali ed economici va discusso e pianificato per tempo. Grandi siccità e piene sono effetto di quello che abbiamo fatto al clima. È colpa nostra». Oggi possiamo prendere soltanto due direzioni: «Mitigazione o adattamento. Il primo aspetto significa ridurre la temperatura media dell’atmosfera e questo non lo può fare una regione, non lo può fare la sola Italia, è un tema mondiale. L’adattamento invece spetta a noi. Occorre trovare sistemi che riducano l’impatto delle piene». Ovvero: «L’unica soluzione può essere costruire invasi grandi e piccoli, le famose soluzioni che nessuno vuole nel proprio giardino, ma i no preconcetti sono da stupidi».

Bacini giganteschi

Secondo Rinaldo se cadono 500 millimetri di pioggia in 36 ore «c’è bisogno di bacini giganteschi e con una eterogeneità spaziale variegata ed estremamente complessa. È surreale che si parli del taglio degli alberi quando si verifica un evento estremo come questo. A Venezia è quello che si chiama un brusco (brufolo, ndr) sulla gobba. Tagliare gli alberi è sbagliato, per carità, stanno bene dove sono i fiumi, ma l’ostruzione provocata da vegetazione esiste solo se la corrente scorre con grande forza. L’eccesso di acqua in Emilia-Romagna non si gestisce “grattando“ i fiumi. Ho visto la portata dell’Idice, mi ha sconvolto: il fiume, nel tempo, si è trovato un’altra strada».

Greta ha ragione

Il professore invoca una nuova coscienza collettiva sul clima: «Dal 1951 a oggi la situazione è completamente diversa. Prendiamo l’esempio del Po: la capacità di evitare disastri in prossimità del grande fiume è migliorata, ma quel che sta cambiando è la macchina sotto i piedi, non si può mettere un tappo alla pioggia. Questo è un tema serissimo. Negli ultimi 8 anni i termometri che registrano la temperatura nel mondo ci dicono che non è mai stato così caldo. Verrà il dubbio che Greta abbia ragione oppure no? Non possiamo liquidarla».

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