Nicola Lagioia saluta il suo Salone del Libro: «Abbiamo i politici che leggono meno in Europa. Non sanno niente, dobbiamo aiutarli»

Lo scrittore che ha diretto la manifestazione: Zerocalcare e Melania Mazzucco riempiono le sale, per questo li invito

Lo scrittore Nicola Lagioia ha diretto il Salone del Libro dal 2017 fino all’ultima edizione. Ora passerà il testimone ad Annalena Benini. E in un’intervista a Repubblica oggi riepiloga la sua esperienza. Spiegando che la sua non è stata una manifestazione “di sinistra”: «L’egemonia culturale della sinistra è un’ossessione della politica, non di chi si occupa di cultura. Curzio Malaparte era di destra o di sinistra? Io dico: un grande scrittore. Houellebecq, per un certo periodo, è stato considerato di destra: noi l’abbiamo invitato. A Torino vengono quasi mille editori: sono tutti di sinistra? È insultante ragionare così». Nel colloquio con Michele Brambilla l’autore spiega che Zerocalcare o Melania Mazzucco «riempiono le sale perché piacciono ai lettori, non perché l’ha deciso la politica».


E dice che la storia della destra che accusa la sinistra di gestire la cultura «è un po’ un’anomalia italiana. Abbiamo la classe politica che legge meno in Europa. Per questo dico che bisogna andarle in aiuto. Non sanno niente. Una volta uno della Regione, e sinceramente non mi ricordo neppure chi fosse, mi ha accusato di fare un Salone di sinistra. Gli ho risposto: ma lei le conosce le classifiche degli autori più letti? Ecco, io devo invitare quelli». Lagioia dice di avere rapporti «cordiali» con il ministro Sangiuliano.


«Forse mi guarda con un po’ di sospetto, ma non mi ha mai fatto pressioni», aggiunge. Apprezza Giordano Bruno Guerri e Alessandro Giuli. È in ottimi rapporti con Pietrangelo Buttafuoco. Ma soprattutto si sente di dare un consiglio agli scrittori “di destra”: «Hanno l’occasione di potersi smarcare dalla politica. Perché, vede: è vero che la maggior parte degli scrittori e degli intellettuali in questi decenni è stata di sinistra. Ma sono stati scrittori e intellettuali che hanno avuto spesso un rapporto molto duro con i partiti di riferimento: anche quando erano al governo. Dare addosso al Pd è stata una costante. Invece, l’intellettuale di destra è più organico».

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