Scontro tra ministero e operatori del settore sul Ddl affitti brevi, Santanché prova a mediare con un video: «È solo una bozza, mandateci idee» – Il video

Tra le principali novità contenute nella proposta, l’introduzione del limite minimo di 2 notti per prenotare sulle piattaforme

«Come promesso, nei giorni scorsi abbiamo fatto circolare la nostra proposta di un disegno di legge per regolamentare degli affitti brevi, frutto di tavoli di lavoro avviati con le parti. Non è tempo dei commenti ma di ricevere le vostre proposte. La materia è delicata e il confronto fondamentale». La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha pubblicato un video sulla sua pagina Instagram per provare a smorzare le polemiche. Il ddl che ha elaborato insieme allo staff del suo ministero non è piaciuto alle parti interessate dal provvedimento, tra cui amministratori locali, categorie professionali che operano nel turismo. «Faccio un appello a tutti coloro che hanno partecipato al tavolo di mandarci le loro proposte emendative. L’ho detto sin dall’inizio che era un confronto». Per Federalberghi, si tratta di un ddl su cui «c’è molto da lavorare». La parte più rilevante è anche quella che non ha soddisfatto gli attori coinvolti: il cosiddetto minimum stay.


Il pernotto minimo di 2 notti

Il ddl Santanchè prevede che, per prenotare un alloggio sulle piattaforme come Airbnb, si. debba pernottare almeno due notti. Per le associazioni delle imprese turistico-ricettive si tratta di una misura quasi irrilevante: «Considerato che la permanenza media negli esercizi ricettivi italiani è di 3,3 notti, affermare che il soggiorno nelle locazioni turistiche non può essere inferiore a due notti suona come una presa in giro, in quanto significa che la nuova normativa si applicherà solo su a una minima parte dei flussi turistici. Ad esempio, saranno esclusi tutti i soggiorni per vacanza, a partire dai weekend, per di più solo in una minoranza di Comuni», ha affermato Federalberghi. Si parla di un numero di città troppo ristretto poiché la proposta ministeriale prevede che questa limitazione sia applicata solo nei Comuni ad alta densità turistica che, secondo l’Istat, sono poco meno di mille, sui quasi 8 mila Comuni italiani. I 14 comuni metropolitani rientrerebbero nella casistica.


La multa per chi non espone il Cin

Secondo Federalberghi, «altrettanto importante è il ruolo da conferire ai sindaci, ai quali dev’essere restituita la facoltà di governare il territorio. Grandi e piccoli centri sono invasi da una marea di alloggi, che si nascondono dietro la foglia di fico del contratto di locazione e operano sul mercato alberghiero senza rispettarne le norme. Se si vuole che la norma produca effetti, occorre prevedere un efficace sistema di controlli e di sanzioni, che di certo non si realizza immaginando che le multinazionali del web si lascino spaventare da una multa da 3 mila euro». Già perché il ddl rende obbligatorio avvalersi di un Codice identificativo nazionale, il Cin, per chi opera nel settore, che scalzerebbe i 20 Codici identificativi regionali esistenti, i Cir. Il provvedimento introdurrebbe, dunque una sanzione per la mancata esposizione del Cin: le multe per l’host, il gestore e la piattaforma andrebbero da 300 a 3 mila euro, mentre il proprietario rischierebbe da 500 a 5mila euro.

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