Mario Adinolfi difende Arisa: «Fa bene a non andare al Pride: il mondo lgbt+ è violento»

Dopo le critiche sui social e di Vladimir Luxuria, il fondatore de Il Popolo della Famiglia si dice vicino alla della cantante: «Quello che è successo a lei, a me succede ogni giorno»

Dopo l’attacco di Vladimir Luxuria, ad Arisa arriva la solidarietà di Mario Adinolfi, fondatore del partito conservatore e cattolico Il Popolo della Famiglia, da sempre ostile alle rivendicazioni della comunità lgbtqia+. «Quello che è successo ad Arisa è quello che subisco ogni giorno sulla mia pelle. Il mondo Lgbt, nella sua formalità associativa, è un mondo violento: “O sei con me, o sei contro di me” e chi non ha la tendenza ad assoggettarsi subisce intimidazioni e deve essere silenziato», dichiara il politico all’Adnkronos dopo che la cantante è stata sommersa dalle critiche per le frasi rilasciate a La Confessione sui diritti lgbtqia+ e su Giorgia Meloni. «È finita in un tritacarne inconsapevolmente», continua Adinolfi che condivide la scelta di Arisa di non andare più al Pride. «Ma – aggiunge – a questo punto dovrebbe iniziare a riflettere un po’ su chi è lei, una donna del sud che ha dei valori molto solidi alle spalle e quei valori secondo me sono anche la cifra della sua dimensione artistica. Rincorrere le mode, e lo dico a tutti gli artisti, solo perché in questo momento sembra vantaggioso è un errore, perché poi le mode cambiano». A suo dire, si tratta di «un grave errore strategico». Ciononostante, riconosce che la cantante non è una «adinolfiana» e che «è sempre stata una icona Lgbt».


«La causa? Le sue parole sulla maternità surrogata»

Ma secondo Adinolfi la causa scatenante che ha portato «all’esclusione» di Arisa dal Pride sarebbe stata la sua dichiarazione sulla maternità surrogata. «Lei si è sfilata dalla posizione del mondo Lgbt dicendo che non è una pratica che può essere accettabile. Il punto cruciale però è che Arisa non ha espresso una posizione conflittuale ma semplicemente non si è assoggettata alle ‘tavole della legge Lgbt». Poi una sua considerazione del tutto personale sul termine inclusività: «È una parola violenta perché quando tu dici inclusività intendi che c’è un soggetto che decide chi includere e inevitabilmente nella parola ‘inclusivo’ c’è anche chi viene escluso». Ieri, sul tema è intervenuta anche Vladimir Luxuria che ha precisato come la scelta della cantante di non partecipare al Pride sia stata sua e che nessuno l’ha esclusa. «Ognuno è libero di cambiare idea ma non puoi meravigliarti se non ci sono stati i nostri applausi. Spero dopo il clamore mediatico, che ci sia occasione di chiarimento», ha scritto ieri in un post Instagram.


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