Il piano del governo per salvare il Pnrr: «Spostiamo i soldi sull’energia»

L’esecutivo vuole rimpolpare i fondi di Repower-Eu. L’interlocuzione con la Commissione Europea

Il governo ha un piano per non rinunciare ai fondi del Recovery Plan. Che prevede di dirottare i fondi sui progetti di efficientamento energetico come Repower-Eu. Ciò sarebbe possibile soltanto con una clausola approvata da Bruxelles. In attesa della riscrittura o revisione che dovrebbe arrivare entro la fine di agosto. Anche se la Commissione Europea spinge per averla il prima possibile. Mentre si moltiplicano le ammissioni sui ritardi anche nella relazione dell’esecutivo. «Vogliamo utilizzare al meglio le risorse. Per avere effetti immediati sullo sviluppo economico e sociale del paese», conferma il ministro Adolfo Urso in un’intervista a Repubblica. Che intanto nel suo viaggio a Washington ha incontrato esponenti di fondi statunitensi e dell’amministrazione Biden.


Il Pnrr da tutelare

Oggi il piano Repower-Eu è concentrato sui progetti di efficientamento energetico. All’Italia toccano in dote 2,7 miliardi di euro. Le proposte presentate 15 giorni fa alla Commissione sembrano ok. Proprio per questo il governo pensa al Pnrr da tutelare. E immagina di affidare al contenitore del fondo una sorta di paracadute di salvataggio per il Recovery Plan. Cercando così di correggere ritardi e difetti. Del piano, spiega oggi il Corriere della Sera, il governo ha discusso con alcune grandi aziende a partecipazione pubblica. Potrebbe contenere progetti di Snam, Terna, Eni ed Enel. E alla fine in qualche modo ospitare i fondi che non verrebbero spesi per il Pnrr. Aggiungendo così dai 3 ai 6 miliardi di euro ai 2,7 previsti. Per arrivare a una dotazione totale di 9 miliardi. Il target però appare addirittura più alto. E non è detto che la Commissione dia l’ok.


L’interlocuzione con la Commissione Europea

Ma l’interlocuzione è in corso. Con il Pnrr rivisto e corretto entro agosto, una fette potrebbe essere spostata a Repower Eu con scadenza 2026. Spostando molte voci di spesa dalle amministrazioni pubbliche agli investimenti delle aziende dell’energia. Con partecipazione dello Stato. Il ministro delle imprese e del Made in Italy Urso dice a Paolo Mastrolilli che vuole puntare su progetti per «la sostenibilità energetica, la transizione 5.0, la tecnologia verde e digitale».

Ovvero: «Progetti che garantiscano la sostenibilità energetica. Mi riferisco alle grandi imprese a controllo pubblico, nel campo di approvvigionamento e produzione energetica, reti di distribuzione, gasdotti e reti elettriche. Poi Transizione 5.0, ossia le imprese che acquistano macchinari per processi e formazione nel campo della sostenibilità. Quindi tecnologia green e digitale, per aumentare le possibilità di intervento a sostegno di aziende private italiane, ma anche estere, che investono. Dobbiamo essere competitivi per attirarle».

Inflaction Reduction Act

Il ministro parla anche dell’Inflaction Reduction Act: «Dal punto di vista legislativo l’Ira è concluso, ma speriamo che nell’attuazione ci sia una par condicio per le imprese europee, come quella concessa a Messico a Canada. L’Europa poi dovrebbe investire per rilanciare il suo polmone produttivo, da affiancare a quello americano, diventando una grande area euro atlantica. Insieme potremmo rispondere alla sfida sistemica della Cina».

Questo piano riguarda anche le materie prime critiche: «La Commissione europea sta finalizzando un rapporto che individua 34 materie prime critiche. Dovremmo estrarne il 10% dai nostri territori, lavorarne il 40% e riciclarne il 15% entro il 2030. In Italia ne abbiamo 15, in giacimenti chiusi 30 anni fa. Si trovano in aree protette in Liguria, Toscana, Campania, Sardegna e arco alpino. Abbiamo il più grande giacimento di cobalto in Europa, titanio, manganese, litio. Se l’Europa chiede di sfruttarli, deve darci gli strumenti normativi e finanziari per farlo».

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