L’annuncio del ministro Piantedosi: «Un nuovo disegno di legge sul femminicidio dopo il caso Tramontano»

Il responsabile degli Interni al lavoro con Roccella e Nordio

Un disegno di legge per difendere le donne. Dopo l’omicidio di Giulia Tramontano la annuncia il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in un’intervista a La Stampa. Nella quale dice che al lavoro ci sono anche Carlo Nordio ed Eugenia Roccella. «Stiamo lavorando all’ipotesi di un intervento normativo da portare all’attenzione del consiglio dei ministri. Ma non ci limiteremo a questo. Pensiamo a un’azione più collegiale. Quando il governo interverrà, in parlamento ci sarà il confronto tra le forze politiche. Sono sicuro che non mancheranno collaborazione e condivisione». Piantedosi dice che l’obiettivo della legge sarà quello di «evitare che la violenza o addirittura l’omicidio sia commesso». Perché secondo il ministro «le pene severe servono, ma non esauriscono il problema».


L’informazione e la prevenzione

Le direttive di scelta sono due: l’informazione e la prevenzione. «Per quanto di competenza del Viminale stiamo ipotizzando un rafforzamento delle misure di prevenzione. A partire dall’ammonimento nei confronti degli autori delle condotte violente. E di informazione alle vittime. Estendendo le possibilità e i casi di intervento del questore», dice nel colloquio con Grazia Longo. Per Piantedosi è importante anche «comunicare alle donne vittime di abusi la presenza dei centri antiviolenza che operano nel territorio. E metterle in contatto con queste strutture». Mentre per gli uomini si pensa a un potenziamento del braccialetto elettronico «nel caso in cui l’autorità giudiziaria ne decida l’adozione. Sempre nell’ambito della violenza domestica e di genere».


La questione culturale

Ma per il ministro «la premessa di qualsiasi ragionamento sulla violenza contro le donne e sul suo culmine, il femminicidio, infatti, è che non si tratta di un fatto individuale ma sociale. Questa precisazione è decisiva perché parlare di un fenomeno sociale significa che le sue cause non sono da rintracciare soltanto nella devianza del singolo. Certo, le situazioni di cui parliamo ci pongono dinanzi a soggetti che hanno indubbiamente una propensione criminale. Ma chi rivolge la propria indole prevaricatrice verso una donna, per lo più la propria compagna, spesso è convinto intimamente di essere legittimato a farlo».

L’impunità

E quindi: «Chi calpesta la dignità di una donna, anche nei casi più estremi, vive un certo senso di impunità. È qui che si rintraccia la matrice culturale della violenza contro le donne, in questo sentimento di possesso irrazionale che disinibisce i loro aguzzini. Per questa ragione, lo strumento per contrastare il fenomeno non può essere limitato alla repressione del reato. Ma deve essere agganciato a un progetto culturale, che comporti l’assunzione di una responsabilità collettiva e multidisciplinare per prevenirlo e contrastarlo. Si deve affermare compiutamente il rispetto della vita umana e della altrui libertà affinché in nessun modo la donna possa essere trattata come un oggetto, una proprietà, uno strumento».

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