Orietta Berti al Pride di Milano: «Salirò sul palco per cantare “Diverso”. Ho fatto da testimone ai matrimoni gay»

La cantante racconta il suo rapporto con la comunità LGBTQ+: «Ma niente carri, rischio di cadere»

Orietta Berti sarà ospite al Milano Pride. La cantante, icona della comunità LGBTQ+, ha risposto alla chiamata arcobaleno. In un’intervista al Corriere della Sera racconta: «Frequentavo i Pride di Los Angeles, dove vivono due amici fraterni: Ezio e Sergio, tra le prime coppie omosessuali a sposarsi in California. Con Paolo Limiti sono stata loro testimone: io e mio marito Osvaldo, quando andiamo a trovarli, siamo “quelli etero”. Più recentemente, a Milano, ho partecipato al matrimonio tra lo stylist Nicolò Cerioni e il regista di videoclip Leandro Emede». Non sfilerà sui carri. «Rischierei di perdere l’equilibrio e cadere. Salirò sul palco all’Arco della Pace per cantare Diverso, un brano dove una madre dialoga con suo figlio, gay: non avere paura, amore/ parlane con me/ io penso che le persone siano nate per amare/ al di là di sesso, anima e ragione/ ti sei innamorato, be’, che male c’è?». Sa di genitori che hanno rinnegato figli omosessuali? «Per i miei 80 anni, il primo giugno, ho pubblicato il videoclip di Diverso, dove sono protagonisti gli ospiti delle Case arcobaleno di Milano: ragazze e ragazzi discriminati in famiglia per l’orientamento sessuale, l’identità di genere o perché trans. Persone costrette a fuggire, minori compresi. Nelle Case hanno trovato accoglienza e rispetto. Una ripartenza».


La comunità LGBTQ+ e la musica «che ha anticipato la tv»

Sui casi degli artisti musicali che spesso si aggregano alla comunità LGBTQ+ per avere un ritorno di immagine Orietta precisa: «Non è il mio caso. Sono una rappresentante del bel canto italiano, è sempre stata la voce il mio strumento di promozione. Le pare che abbia bisogno di farmi pubblicità sulla pelle degli attivisti? Se ci frequentiamo è perché c’è rispetto, stima e amicizia. Gli stessi sentimenti che oggi provo per gli artisti più giovani: Fedez, Achille Lauro, Rovazzi, Manuelito. Mica ho scelto di collaborare per sfruttarne la popolarità, semmai i consigli. Per aggiornarmi». La musica, spiega, anticipò l’apertura versa la comunità Pride ancora prima della tv. «La discografia bruciò le tappe. Quando ho firmato il primo contratto con la Polydor, nel 1964, già mi confrontavo con direttori gay. Hanno gusto. E una fantasia fuori dal comune. L’esordio? Con la tonaca cantando in italiano le canzoni di Suor Sorriso, una religiosa belga. Bingo: l’album fece il giro d’Italia partendo dal Vaticano. Oggi accade che qualcuno si travesta da Orietta Berti»


Orietta Berti e Milano

Per Orietta il fatto di fermarsi non è minimamente nei programmi. «Difficile che le donne emiliane vadano in pensione. Non riesco a stare ferma, sono una pendolare dell’alta velocità, sempre in treno su e giù per l’Italia, sempre pronta a valutare nuove opportunità: musica o tv». Berti ha nel cuore la città di Milano da sempre: «C’è l’inizio di tutto, gli anni 60, i miei provini. Stavo in un pensionato di suore vicino alla sede della Polydor, in via Benadir, zona Crescenzago. Firmato il primo contratto mi sono trasferita al Grand hotel Plaza, in piazza Diaz, ma ora è chiuso. A Milano anche tanta tv: come inviata di Quelli che il calcio ho mostrato l‘anima paesana». E infine: «Adoro il risotto allo zafferano e quello con le verze, poi l’orecchia di elefante e la cassoeula. Per il menu vado a colpo sicuro: la Scala».

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