La svolta dopo 42 anni dall’omicidio del primario Giorgio Montanari, caso riaperto a Modena: i sospetti dopo il via libera agli aborti

La procura modenese aveva già riaperto le indagini nel 2017, ma senza arrivare a una conclusione concreta. Questa volta ci sono i primi nomi scritti nel registro degli indagati

Dopo 42 lunghi anni, sono state riaperte le indagini sull’omicidio di Giorgio Montanari, il direttore di 51 anni della clinica ostetrico-ginecologica del Policlinico di Modena ucciso con sette colpi di pistola l’8 gennaio 1981. Il «caso Montanari» resta ancora oggi uno dei casi più misteriosi legati alla storia della città emiliana ed è stato oggetto di due archiviazioni: la prima nel 1991 e la seconda nel 2020, dopo che nel 2017 erano state riaperte per la prima volta le indagini. A convincere la procura di Modena ad avviare un nuovo filone investigativo è la presenza di nuovi elementi di prova, a cui si aggiungono tecnologie che al tempo dell’omicidio non erano disponibili e potrebbero gettare nuova luce su quanto accaduto. Secondo quanto riporta Il Resto del Carlino, le nuove indagini vedrebbero già alcuni nomi iscritti nel registro degli indagati. Si tratterebbe, a quanto trapela, di figure che gravitano nel mondo sanitario, mentre alcuni medici sono stati ascoltati dai pm in qualità di persone informate sui fatti.


Quella sera del 1981 Montanari aveva appena finito il suo turno in ospedale quando si è incamminato verso il parcheggio, è salito a bordo del suo Maggiolino e, pochi secondi più tardi, è stato colpito da sette colpi di pistola, di cui uno – l’ultimo – fatale. Nei giorni appena successivi all’omicidio di Montanari, la procura di Modena rivolge i suoi primi sospetti proprio all’interno dell’ambito sanitario. In quegli anni infatti era da poco entrata in vigore la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e il professor Montanari aveva lasciato libertà di coscienza ai suoi collaboratori. Una decisione che aveva provocato qualche attrito al Policlinico. Il 51enne fu destinatario di diverse minacce, comprese alcune buste con proiettili recapitate a casa. Un suo collega, con cui i rapporti non erano dei migliori, finì anche nel registro degli indagati. Ad oggi l’omicida non è ancora stato individuato ma la vedova del primario, la 91enne Anna Ponti, non ha mai smesso di battersi per avere giustizia.


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