Fausto Bertinotti affossa Elly Schlein: «Le hanno dato un compito che non può svolgere»

L’intervista a Libero dove la segretaria Pd è definita «una leader d’importazione». E la sinistra è «morta da un pezzo»

Fausto Bertinotti fondatore di Rifondazione Comunista e dell’Ulivo di Prodi non è più da 15 anni in politica. Ma osserva, molto, e oggi sulle colonne di Libero affonda la segretaria Pd Elly Schlein e il Partito democratico in generale. Con un filo di ironia. «Io da tre anni ho la leucemia – spiega a Pietro Senaldi – la patologia che aveva Berlusconi, ma i medici mi dicono di trovarmi un altro male per morire, perché così posso andare avanti qualche decennio. La sinistra invece, in Europa ma soprattutto in Italia, è morta da un pezzo». Non l’ha uccisa nessuno, si è suicidata. «Si è costruita una prigione, ha sacrificato la propria ideologia e la propria capacità di proporsi come forza alternativa al mito della governabilità, o meglio della sua necessità assoluta di gestire il potere. Questo ha prodotto la corrosione dell’impianto politico e culturale, non solo del Pd ma di tutto lo schieramento, l’incapacità di leggere le trasformazioni della società e il conseguente distacco dell’elettorato». «L’europeismo – spiega – era un’occasione mala sinistra ha confuso la speranza di un modello sociale diverso che i cittadini riponevano nella Ue con l’adesione incondizionata a un’Europa economicista fatta di parametri, numeri, dogmi. Un po’ come quelli che dicevano di lavorare per il socialismo e scambiavano l’Unione Sovietica per la terra del socialismo realizzato; invece era solo il socialismo reale. Diciamocelo, Maastricht non era Ventotene».


Sulla segretaria Pd Elly Schlein non è magnanimo. «Non voglio essere ingeneroso ma si attribuisce, o le attribuiscono, un compito che non può svolgere», spiega. Per Bertinotti Schlein ha vinto «perché ha risposto all’esigenza dell’elettorato di sinistra di bocciare drasticamente la classe dirigente del Pd e perché rappresenta l’effervescenza delle domande che porta avanti il mondo dello spettacolo, della cultura, delle élite illuminate». Ma la segretaria è una «leader d’importazione, una testimonial del mondo liberal americano, non a caso ha il passaporto statunitense, ma non è in grado di guidare una mobilitazione sui temi più acuti delle disuguaglianze». «Impensabile – aggiunge che le masse popolari la possano interpretare come un’alternativa alla destra».


La soluzione francese e la cara CGIL che aspetta una legittimazione politica

«Per resuscitare la sinistra – spiega l’ex Presidente della Camera – devi alzare il livello dello scontro, devi chiedere il reddito universale, spostare il denaro dal profitto ai salari, parlare di pace. È evidente che non lo puoi fare dai seggi del Pd. Sarò eretico: l’alternativa di governo a sinistra può nascere solo fuori dal Parlamento. Serve una soluzione francese». Anche la Meloni, sottolinea, ha iniziato da un ruolo di testimonianza. «Mélenchon – aggiunge – è arrivato vicino al ballottaggio, ha assediato il Palazzo per settimane, ha incrementato il consenso, ha costretto Macron a una sorta di golpe bianco, quando il presidente ha impedito al Parlamento di discutere la riforma delle pensioni che aveva approvato. La prigione principale della sinistra è il presentismo, ragionare solo sul tempo breve». Bertinotti non risparmia nessuno. Nemmeno la sua Cgil, su cui è stato sempre un po’ più indulgente. «Sta subendo – conclude – un processo di istituzionalizzazione, quasi attendesse dalla politica la propria legittimazione. La Cgil non deve chiedere al governo di essere ascoltata ma avere una piattaforma negoziale da imporre. Deve partire dal conflitto, non dalla trattativa. Oggi le conquiste dei lavoratori sono state erose perché sono i padroni che hanno mosso contro gli operai, si è ribaltata la dialettica. La colpa del sindacato è non aver ostacolato questo processo con la necessaria radicalità».

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