«Più del 60% degli italiani non ha letto neanche un libro nel 2022». Dalla cultura alla salute, la fotografia Istat del Paese

L’indagine riguarda sei aree di riferimento: dall’istruzione al welfare, dall’industria all’agricoltura, sono 100 gli indicatori individuati dall’istituto

Noi Italia 2023. È il titolo dell’ultimo lavoro dell’Istat pubblicato online oggi, 26 giugno. Un lavoro che non nasconde l’ambizione di fotografare, nella maniera più ampia possibile, gli aspetti «ambientali, economici e sociali» del Paese. La ricerca ha scandagliato sei macroaree: «Popolazione e società, istruzione e lavoro, salute e welfare, industria e servizi, ambiente e agricoltura ed economia e finanza pubblica». Dal capitolo dedicato alla cultura sono emersi, purtroppo, alcuni dati allarmanti. Ad esempio, spicca la scarsa attitudine alla lettura degli italiani: considerando l’intera popolazione con più di sei anni, il 60,7% di essa non ha letto un libro nel 2022 che non fosse scolastico o relativo al proprio lavoro. Ancora, il 17,5% non ha letto più di tre libri all’anno, il 15,4% tra i tre e gli 11 e solo il 6,4% ha letto una media di almeno un libro al mese. È indicativa la percentuale di spesa delle famiglie italiane destinata a ricreazione e cultura, misurata nel 2021: il 6,3%, a fronte di una media europea dell’8%. Al contempo, però, nel 2022 «si è assistito a una generale ripresa della fruizione delle attività culturali che si svolgono fuori casa». Sono aumentate la visione di spettacoli cinematografici, le visite a musei e mostre, quelle a siti archeologici e monumenti e la partecipazione agli spettacoli sportivi, ha rilevato l’Istat. «Tuttavia, i livelli di fruizione sono ancora inferiori a quelli pre-pandemici».


L’analisi dell’Istituto nazionale di statistica è davvero ampia e si muove nei campi più disparati, dall’istruzione alla salute, dall’industria all’agricoltura. A proposito di scuola, ad esempio, sorprende quanto ancora sia alto il tasso di abbandono scolastico. Considerando la fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni, un giovane su dieci ha abbandonato precocemente gli studi superiori. L’Italia, inoltre, spende per l’istruzione il 4,1%, sotto la media europea del 4,9%. D’altronde, l’Italia si sta connotando sempre di più come un Paese di anziani. L’indagine ha individuato tre fenomeni che stanno incidendo particolarmente sulla trasformazione demografica del Paese: «La diminuzione della fecondità, l’innalzamento della vita media e il tendenziale invecchiamento della popolazione». Se la dinamica migratoria fa registrare segnali positivi, continua ad aumentare l’indice di vecchiaia, raggiungendo quota 187,6 anziani ogni cento giovani. Indice che fa dell’Italia uno dei Paesi più “vecchi” dell’Unione europea. L’età media al momento del parto è salita a 32,4 anni ed è fra le più alte in Europa. Ancora, la speranza di vita alla nascita, nel 2022, si è attestata a 80,5 anni per gli uomini e a 84,8 per le donne. Cercando un aspetto positivo nella sezione relativa all’ambiente, infine, si può osservare il trend in miglioramento della raccolta differenziata: rappresenta il 64,0% dei rifiuti urbani prodotti. Manca un punto percentuale al raggiungimento dell’obiettivo fissato al 65,0%. Target che, però, si sarebbe dovuto conseguire entro il 2012.


Lo studio integrale è reperibile a questo link

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