«Prigozhin e i suoi mercenari sono in Bielorussia». L’inchiesta sul tentato golpe e l’accusa di Lavrov: «Francia e Usa hanno tentato di approfittarne»

Il leader della milizia sarebbe stato visto in un hotel di Minsk. Il ministro degli Esteri di Putin prova a gettare acqua sul fuoco: «Quanto accaduto sabato non ci creerà problemi»

A meno di 48 ore dalla fine della rivolta armata contro i vertici del propio stesso Paese, bloccata a poche centinaia di chilometri da Mosca «per evitare spargimenti di sangue», le milizie «ribelli» del gruppo Wagner, guidate dal loro leader Yevgeny Prigozhin, sarebbero defluite, almeno per il momento, verso la Bielorussia. Così come era filtrato prevedesse l’accordo dell’ultim’ora stretto tra Vladimir Putin ed il suo ex alleato per evitare il peggio. Fonti dentro la milizia del dissidente russo Vladimir Osechkin hanno riferito che tutti i mercenari che hanno partecipato al tentato colpo di Stato si stanno dirigendo nel Paese di Alexander Lukashenko, dove stabiliranno la loro nuova base nella zona di Baranavichy. Quanto al leader della milizia, di cui non si avevano più notizie certe da sabato sera, canali Telegram russi e media bielorussi riferiscono che è stato visto al Green City Hotel di Minsk. Ma che ruolo avrà di qui in poi la milizia? E quale il suo leader? Semplice «rilocalizzazione» da cui rilanciare le operazioni, esilio politico-militare o addirittura condanna a morte di fatto, come sostiene tra gli altri l’analista Ian Bremmer?


L’inchiesta su Prigozhin e il futuro della Wagner

A indicare che Prigozhin resta, quanto meno, sotto stretta osservazione da parte del Cremlino sono le notizie riportate questa mattina dal quotidiano russo Kommersant, secondo cui il procedimento penale con l’accusa di ribellione armata a suo carico non è stato abbandonato, come era parso subito dopo la fine dell’avanzata militare, e l’ex «cuoco di Putin» pertanto continua ad essere indagato dal dipartimento investigativo dell’Fsb russo. Quanto al destino della milizia privata «usata» dal Cremlino per compiere il lavoro sporco in molti teatri di guerra negli ultimi anni, qualche primo frammento di riposta è arrivato oggi dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che in un’intervista al canale televisivo RT ha provato a gettare acqua sul fuoco arso in Russia nel weekend. Il gruppo Wagner «continuerà le sue operazioni in Mali e in Repubblica Centrafricana», ha detto Lavrov, secondo cui la rivolta della milizia avvenuta tra venerdì e sabato «non creerà problemi nelle relazioni russe con i Paesi amici». E con tutti gli altri? «Francamente non m’interessa – ha risposto il ministro – I rapporti con l’Occidente sono stati rovinati di loro iniziativa. Non ci sono rapporti, quindi un episodio in più o uno in meno, non vedo molta differenza».


Le accuse di Lavrov all’Occidente

A proposito di rapporti tempestosi con l’Occidente, Lavrov non si è spinto sino a teorizzare ingerenze straniere dietro la rivolta della Wagner, ma ha comunque accusato i Paesi Nato – due in particolare – di aver provato a raccoglierne i frutti. I servizi segreti americani «apparentemente speravano che l’ammutinamento del 24 giugno in Russia avesse successo», ha detto Lavrov commentando le indiscrezioni della stampa Usa secondo cui l’intelligence americana sapeva da giorni dell’imminente ribellione. Accusa identica a quella rivolta alla Francia. Per Lavrov, Emmanuel Macron ha visto nella rivolta di Prigozhin «l’opportunità di infliggere una sconfitta strategica» a Mosca.

Leggi anche: