È l’alcol la causa dell’esplosione del prototipo su cui è morto il tirocinante Fulvio a Napoli. Dubbi sui risarcimenti dall’assicurazione del Cnr

Mentre proseguono le indagini per fare chiarezza sulla causa dell’esplosione, iniziano a emergere alcuni elementi che potrebbero chiarire la dinamica dell’incidente. L’ipotesi dell’esperto

«Potrebbero anche essere stati i gas contenuti nelle bombole del sistema di misura delle emissioni a causare l’esplosione lo scorso venerdì sulla tangenziale di Napoli. Ma saranno gli inquirenti a stabilirlo». Ad esporre la teoria a Open – la certezza si avrà solo al termine delle indagini – è l’ingegner Gianfranco Rizzo, fondatore di eProInn, partner del progetto che ha portato allo sviluppo del prototipo il cui test è diventato un dramma, con la morte della ricercatrice del Cnr Maria Vittoria Prati e del tirocinante dell’Università Federico II di Napoli, Fulvio Filace. Avrebbe potuto trasformarsi in una strage la prova effettuata su un tratto di strada pubblico e trafficato. L’obiettivo era misurare le emissioni prodotte dalla Volkswagen Polo, resa ibrida tramite un kit di ibridizzazione elettrico fotovoltaico installato nell’ambito del progetto dell’Ue LIFE-SAVE, promosso dallo strumento finanziario dell’Unione per lo sviluppo di soluzioni per l’ambiente e l’azione per contrastare il cambiamento climatico.


Le bombole e l’odore di alcol

Ma cosa c’entrano le bombole con la misurazione delle emissioni? Sono necessari nel Pems, (Portable Emissions Measurement System), diventato lo standard per questa pratica dopo il dieselgate del 2015, spiega Rizzo. Alcune delle apparecchiature che effettuano tali misure usano sostanze infiammabili per misurare il carbonio all’interno dei gas di scarico dell’auto, misurandone così l’impatto sulla qualità dell’aria e l’efficienza. Le bombole sono considerate al momento l’unico componente del prototipo in grado di provocare una simile deflagrazione.


Il ruolo del Cnr

Ad occuparsi delle misurazione era la ricercatrice 66enne del Cnr Maria Vittoria Prati, morta il 26 giugno. Al momento non è chiaro quale fosse il coinvolgimento del Consiglio Nazionale delle Ricerrche nella vicenda, dato che questo non era partner del progetto. Interpellato da Open, l’ingegner Riccardo Chirone, direttore degli headquarter di Napoli del Cnr, ha preferito non rivelare i dettagli del rapporto tra l’ente e il progetto, limitandosi a specificare che non era in essere una relazione di partenariato. Quello che invece viene chiarito è il ruolo di Fulvio Filace, che era tirocinante curricolare al Cnr grazie a una convenzione tra la Federico II e il Consiglio, anche se, come si apprende dalle interviste al cugino della vittima, Fabio Corsaro, la mobilità elettrica non era la sua passione.

Il test in strada e l’assicurazione

In molti si interrogano sul perché il test dell’auto sia avvenuto in tangenziale, e non in un circuito protetto. La scelta del tratto è stata motivata dalla necessità imposta dalla normativa RDE di effettuare il test su un «percorso misto urbano stradale», commenta Rizzo. Vi è di norma una polizza assicurativa associata alla targa prova con cui si muovono i prototipi e le vetture in fase di test test. Le indagini proseguono per ricostruire la dinamica. «Quello che resta, per ora è il dolore», conclude Rizzo.

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