L’allarme sull’acqua privatizzata nel Regno Unito: «Sull’orlo della bancarotta»

Adesso il governo di Rishi Sunak dovrà decidere se spianare la strada al ritorno dello Stato

Il più grande fornitore privato di acqua potabile del Regno Unito, Thames Water, sarebbe sull’orlo della bancarotta. Nonostante, puntualizza Repubblica, rifornisca 15 milioni di clienti e, come dice il nome stesso, delle aree intorno al Tamigi, inclusa la capitale Londra. L’acqua venne sganciata dal controllo statale 34 anni fa, per volere di Margaret Thatcher. Il capo attuale del governo, Rishi Sunak, adesso dovrà decidere se imprimere una svolta in direzione opposta, ovvero nazionalizzando. Il Labour post-corbyniano sembra tuttavia prudente, a dispetto del fatto che tutti i sondaggi siano favorevoli al ritorno dello Stato. Tra le motivazioni a favore della manovra, ci sarebbe la speranza di evitare un eventuale effetto domino sulle altre compagnie.


I debiti del settore

Anche considerando che l’intero settore sembra in debito di almeno 60 miliardi di sterline (circa 70 miliardi di euro): dunque altre tre colossi potrebbero sprofondare. Ma bisogna considerare l’ingente costo che l’intervento comporterebbe: si parla di almeno 10 miliardi di sterline, ossia oltre 11 miliardi di euro, ovviamente sulle spalle dei contribuenti. Il controllo di Thames Water è attualmente nelle mani di una galassia di hedge fund e società anche straniere, come il fondo pensione canadese Ontario Municipal (31,8%) ma anche la cinese China Investment Corporation (8,7%). Sul web viene fatto notare che, nonostante i debiti, i dividendi hanno continuato ad essere pagati. Le compagnie si sono difese dichiarando che si trattava di bonus obbligati, e scaricando le responsabilità sull’inflazione alta (8,7%) che per aziende simili è maggiorata (11,3%), sui costi delle materie prime e sul recente innalzamento dei tassi (5%).


Foto copertina: Repubblica

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