Auto esplosa a Napoli, la pista della bombola d’ossigeno e dell’innesco dalle batterie

Le indagini sulle cause: sotto la lente il prototipo

C’è un elemento apparentemente “anomalo” all’interno della Polo Volkswagen prototipo di ibrido- olare, saltata in aria, venerdì 23 giugno, sulla Tangenziale di Napoli. L’incendio che si è sviluppato è costato la vita a Maria Vittoria Prati, ricercatrice napoletana 65enne del Cnr, e a Fulvio Filace, il laureando 25enne di San Giorgio a Cremano. Che aveva scelto proprio l’Istituto Motori per il tirocinio che lo avrebbe condotto alla laurea magistrale in Ingegneria Meccanica. Si tratta di un «dettaglio non trascurabile», secondo fonti vicine all’indagine citate oggi dall’edizione napoletana di Repubblica.


Cosa ha causato l’esplosione?

Perché potrebbero dare una risposta alla domanda che è rimasta nell’aria dopo l’incidente: cosa ha causato l’esplosione? Il quotidiano spiega che le indagini stanno lavorando alla ricostruzione dell’intera storia del progetto “Life Save”. Che è nato a Salerno come spin off dell’ateneo di Fisaciano. E poi è stato portato avanti dalla eProInn del professor Gianfranco Rizzo. Con l’obiettivo di convertire auto tradizionali in veicoli ad energia ibrido-solare a costi molto ridotti (appena 4 mila euro) per l’utenza finale. Il progetto è finanziato con fondi europei e dalla Regione Campania attraverso bandi dedicati a Horizon 2020. Secondo l’indagine l’esplosione sarebbe stato provocato da due fattori collegati. Ovvero l’innesco derivato dalle batterie presenti nell’auto e una fuga di ossigeno. Ma a cosa serviva l’ossigeno?


La misurazione delle emissioni

Secondo l’inchiesta la sostanza era necessaria per l’impianto di misurazione delle emissioni. Serviva cioè a “pesare” l’anidride carbonica. Ma perché non erano stati previsti sensori più sicuri? L’inchiesta della Procura, con il pm Manuela Persico con la procuratrice Simona Di Monte a coordinare, acquisirà oggi nuovi atti. Sarà coinvolto anche l’Ispettorato del Lavoro, per comprendere ruoli e mansioni affidate agli “attori” in campo, prima dell’esplosione. Anche per comprendere se il giovane tirocinante poteva, o non poteva, partecipare a quei test.

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