L’appello di Michela Murgia: «Basta farsi la guerra tra femministe. I nemici sono altri e fanno le leggi» – Il video

Stanca di ricevere messaggi in cui le vengono segnalati errori o commenti da parte di alcune figure di spicco del femminismo, la nota autrice ha deciso di fare un video per invitare a maggiore comprensione e umiltà

Basta guerre interne tra femministe. È questo l’appello che Michela Murgia lancia sui suoi canali social. Stanca di ricevere messaggi in cui le vengono segnalati errori o commenti da parte di alcune figure di spicco del femminismo, la nota autrice ha deciso di fare un video per invitare a maggiore umiltà, apertura e comprensione. Se la prende, infatti, con quella che definisce la «brutta abitudine molto diffusa di certificare il femminismo altrui». Riconosce che è un processo fisiologico dei movimenti di protesta. Una sorta di «meccanismo di difesa», spiega, che rischia però di sconfinare «nell’ortodossia». «Il femminismo intersezionale è fatto di mille femminismi, talvolta all’apparenza in contraddizione tra loro», inizia a spiegare Murgia. Per poi elencare le tante anime che compongono quello che oggi viene definito, appunto, femminismo intersezionale.


«Smettiamola di squalificarci a vicenda»

«C’è chi fa parte della comunità nera e lotta contro il razzismo, c’è chi si occupa del legame tra sessismo e capitalismo, chi lotta per il riconoscimento di determinate patologie, chi accoglie e difende le donne in transizione, chi canta e così via». Tutte lotte nobili che, però, sostiene la scrittrice necessitano di essere «tutelate dalla tentazione stessa di squalificare certe autrici e sorelle». Per questo, di fronte a chi le segnala determinati post di femministe oggi risponde: «Non ho mai dato la patente di femminismo e mai la darò. Riconosco la contraddizione di certe posizioni, ma vedo anche che è irrisolvibile perché è impossibile che non vi siano cortocircuiti interni».


«Il femminismo nasce da una ferita personale»

Michela Murgia ci tiene poi a sottolineare che chi è femminista lo fa perché «parte tutto da una ferita personale. Nessuno – precisa – diventa femminista perché non aveva altro da fare». Infine, l’invito a una maggiore comprensione: «Ci sono certe persone che non hanno studiato, che a volte fanno dei pasticci, ma a modo loro raccontano comunque che certe cose le hanno capite. Non perdiamo tempo a squalificare chi lotta, non costruiamo una portineria del femminismo, perché i nemici sono altri, e fanno le leggi».

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